Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 13 giugno 2025 - Sant´Antonio da Padova (Letture di oggi)

Quando non si hanno consolazioni, si serve Dio per Dio, ma quando se ne hanno, si è esposti a servirlo per sé stessi. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

CAPITOLO XXIII. - COME SI PREPARA L'ARRIVO DEL SIGNORE E COME GLI SI DA' OSPITALITA' IN NOI


DOMENICA DELLE PALME

La domenica delle Palme, mentre Geltrude era immersa nella dolcezza dei divino godimento, disse al Signore: « Insegnami, mio Diletto, come potrei glorificarti, venendoti incontro nelle vie di Gerusalemme, oggi in cui Tu vieni per soffrire la Passione a mia eterna salvezza». Gesù le rispose: «Dammi una cavalcatura, una folla che venga gioiosamente davanti a me, una folla che mi segua cantando le mie lodi, una folla che m'accompagni e mi serva. La contrizione del tuo cuore sarà la mia cavalcatura, se tu confesserai che hai sovente trascurato di seguire la mia voce, e che proprio come un animale non hai saputo capire tutto quello che io ho fatto per la tua salvezza. Tale negligenza ha turbato la mia calma e serenità: mentre non avrei dovuto gustare in te che gioie spirituali, mi vedo costretto, per giustizia, a purificartí con pene corporali ed interne; in tal modo soffro, per così dire, in te, perchè l'amore della divina bontà mi obbliga a compatire i tuoi dolori. Quando mi avrai fornito tale cavalcatura, potrò comodamente riposarmi.

« Mi darai poi una folla gioconda che mi preceda quando mi riceverai con l'amore di tutte le creature, in unione alla tenerezza che provai, andando a Gerusalemme, per la salute di tutti; supplirai in tal modo, alle lodi, ai ringraziamenti, all'amore, agli omaggi che il mondo ha omesso di tributarmi per questo grande beneficio.

« Dammi anche una folla che mi segua cantando le mie lodi; per fare ciò devi confessare che non ti sei sforzata di seguire gli esempi della mia santissima vita. Offrimi una volontà così generosa che, se tu potessi impegnare tutti gli uomini a imitare nel modo più perfetto la mia vita e le mie sofferenze, tu c'impiegheresti volontieri, per la mia gloria, tutte le forze. Domanda nello stesso tempo, la grazia che ti sia data, per quanto è possibile ad umana creatura, d'imitare con zelo ardente, specialmente la vera mia umiltà, pazienza e carità, virtù che ho praticato al sommo durante la Passione.

« Dammi infine una folla che m'accompagni e m'assista, confessando che non mi hai servito con la fedeltà dovuta quando si trattava di difendere la verità e la giustizia. Sforzati di far trionfare queste due grandi cause, per quanto ti è possibile con parole ed atti: chiedimi di possedere sempre tale buona volontà per la mia gloria ».

Il Signore aggiunse: « Se alcuno in nome di tutto l'universo, si dà a me nei quattro suddetti modi, verrò a lui con tanta bontà, da raccoglierne il prezioso frutto dell'eterna salvezza ».

Nel tempo della S. Comunione, mentre Geltrude offriva il cuore al Signore, esso parve dilatarsi nella carità, come se Gerusalemme si fosse aperta all'arrivo del suo Dio. Gesù vi entrò, sotto l'aspetto di un uomo nello splendore della giovinezza, ma parve preparare una sferza con tre corde: rappresentava l'opera di Redenzione. La prima corda si componeva delle opere del suo innocentissimo Corpo; la seconda del generoso amore della sua santissima Anima; la terza, della sublime perfezione della sua altissima Divinità. Tre qualità che si riscontrano in ogni opera del Salvatore. Egli toccò leggermente con quello staffile il più intimo dell'anima di Geltrude per scuotere la polvere dell'umana fragilità e negligenza che poteva trovarvisi; poi lo depose in mezzo al suo cuore.

Ed ecco che quelle tre corde si disposero in modo da formare a Gesù un comodissimo trono. Quando Egli vi si assise, da ogni corda sbocciò un flore pieno di vita; il primo era la sublime perfezione della Divinità che, innalzandosi dietro al Signore si curvava bellamente sul suo Capo, quasi per procurargli un'ombra di gradita frescura; due altri fiori s'innalzavano a destra e a sinistra, esalando squisite fragranze.

All'inno di Terza, mentre si cantavano quelle parole « O Crux, ave spes unica » Geltrude offerse al Signore la divozione di tutti coloro che lo saluterebbero con quel versetto, durante le sette ore canoniche. Allora il Signore, prendendo il fiore del fervido amore della sua santissima Anima, lo presentò a tutte le persone di cui Geltrude aveva offerto la devozione; al contatto di quel fiore, ognuno riceveva luce e gioia spirituale. Geltrude chiese: « Mio Signore, se queste persone ritraggono sì grande frutto da questa divozione, cosa darete loro dopo la processione, durante la quale vi serviranno con amore ancora più grande e vi saluteranno con desideri più ferventi? ». Il Signore rispose: « Io darò loro la grazia e il fascino di questi tre fiori, poichè devono presentarmi le loro divozioni in tre modi differenti: coloro che sono prive del dono della divozione e che bramano ottenerlo, mi presenteranno i loro valori, le loro fatiche esteriori e io li solleverò, dando loro il fiore germogliato per il laborioso esercizio del mio santissimo Corpo. Altri, che gustano con abbondanza la dolcezza della divozione, mi presenteranno l'affezione dei loro desideri e io li rallegrerò col flore che spunta, dall'ardente amore dell'anima mia. Altri infine, la cui volontà è unita alla mia e che perciò formano un solo spirito con me nel completo abbandono al mio piacere, saranno imbalsamati nel flore della mia altissima Divinità ».

Dopo la processione, la Comunità s'inchinò al canto del Gloria laus, prostrandosi alle parole Fulgentibus palmis. Il Signore le presentò allora il fiore dei laboriosi esercizi del suo santo Corpo. Il suo scopo era di rallegrare le Monache, di fortificarle e di conservarle al suo servizio; voleva pure far capire che i lavori manuali sono nobilitati dai santi lavori che lui stesso ha compiuto.

Una persona aveva invitato Geltrude a ristorarsi con un po' di cibo, essendo ella afflitta da una debolezza estrema; ma la Santa respinse con energia tale invito, non volendo rompere il digiuno prima di avere ascoltato la recita della Passione. Volle però chiedere consiglio a Nostro Signore, il quale le rispose: « Prendi questa refezione, mia diletta, in unione all'amore col quale io, tuo Amante, sospeso alla Croce, ho rifiutato di bere, dopo d'averlo assaggiato, il vino mescolato con mirra e fiele, che mi presentarono ».

A queste parole Geltrude sottomise docilmente la sua volontà, e ringraziò il Signore che, presentandole il Cuore, le disse: « Ecco la coppa ove si conserva il ricordo di quelle parole « cum gustasset, noluit bibere - poichè l'ebbe gustato, non volle berne (Matt. XXVII, 34). In questa coppa ti presento il desiderio che mi impedì di bere quella pozione per riservarla a te. Tu puoi gustarla con sicurezza, perchè, da medico esperimentato, l'ho assaggiata, trasformandola per te in bevanda salutare. Questa miscela aveva per iscopo da accelerare la mia morte, ma avendo io il desiderio di soffrire a lungo per gli uomini, non volli pigliarla. Tu invece, animata da uno stesso amore, prendi tutto quello che ti è necessario e vantaggioso, per vivere a lungo nel mio servizio: « In questa coppa che mi fu offerta, considera tre cose. Essa conteneva vino: compi tutti i tuoi atti con gioia e per la mia maggior gloria. Vi era pure mescolata della mirra: ricevi ogni ristoro con l'intenzione di poter soffrire più a lungo per mio onore; questo è il simbolo recondito della mirra, che preserva dalla corruzione. Infine il fiele vi era pure aggiunto, per insegnarti a dimorare volentieri sulla terra, senza le gioie della mia presenza, per tutto il tempo che mi piacerà. Quando i ristori sono presi con quest'intenzione mi recano lo stesso omaggio d'un amico il quale, ritenendo per sè il fiele presentato al suo amico, gli dà in cambio nettare squisito ».

Geltrude, ad ogni boccone di cibo, ripeteva in cuore questo versetto: « La virtù del tuo divino amore m'incorpori interamente a Te, o amabilissimo Gesù ». Bevendo diceva: « Diffondi e conserva in me, amabilissimo Gesù, l'effetto di quella carità che dominava in Te così perfettamente da farti rifiutare la bevanda che doveva affrettare la tua morte, per maggiormente soffrire per noi; penetri essa tutta la mia sostanza e s'insinui vigorosamente nelle potenze, nei sentimenti, nei movimenti della mia anima e del mio corpo, per la tua gloria eterna ». Ella chiese al Signore come accetterebbe questa pratica se fosse fatta da altra persona. Il Signore rispose: « A ogni boccone che mangerà, riterrò d'averlo io pure preso con lei, per nutrirmi e saziarmi; quando berrà, berrò con essa una bevanda d'amore, che infiammerà la nostra reciproca tenerezza; quando poi l'ora opportuna sarà giunta, le farò sentire la forza dell'amor mio, secondo la mia onnipotenza »,

In seguito, leggendosi nella Passione: «emisit spiritum - rese lo spirito » (Mat. XXVII, 50) ella, prostrandosi a terra, in atto di grande amore disse: « Eccomi, Signore, prostrata. col corpo; io ti domando per quell'amore che ha condotto alla morte Te, che sei la vita di tutte le creature, di far morire nella mia anima tutto quanto possa dispiacerti». Il Signore rispose: « Esala in questo momento con un soffio, tutti i vizi e le negligenze di cui vuoi essere mondata, e aspira coi mio soffio divino, tutto quanto brami possedere delle mie virtù e perfezioni. Quello che avrai esalato ti sarà rimesso, e inoltre otterrai i benefici effetti dell'aspirazione del mio soffio. Quando ti sforzerai di vincere i difetti che hai allontanato da te, o di ottenere la virtù che ho posto in germe nell'anima tua, raccoglierai il doppio frutto della Passione che Io ho sofferto e della vittoria che tu hai riportato ».

Dopo pranzo ella si era stesa sul letto per riposare le membra affrante, meno però per dormire che per evitare la noia di numerose visite; disse quindi al Signore: « Ecco, o mio Diletto, che in memoria della salutare predicazione che tu hai fatto al tempio in questo giorno, mi allontano da tutte le creature, per essere occupata solo di Te, affinchè tu possa liberamente parlare al mio cuore ». E Gesù di rimando: « Come la Divinità si è riposata nella mia Umanità, così essa trova le sue delizie a riposarsi nella tua stanchezza ». Siccome poi Geltrude si accorse che non venivano a disturbarla perchè la credevano addormentata, domandò al Signore se era cosa più perfetta far capire che era sveglia, per dare loro, maggiore libertà. Rispose il Signore: « No, lascia loro questa occasione di meritare per la loro carità, che sarò poi felice di ricompensare », e aggiunse: « Ecco due punti che bramo presentare alla tua meditazione: esercitandoti in essi, sarai eccitata a cercare cose ancora più grandi. Ricorda che utilissimo all'uomo è l'affaticarsi in lavori che possono procurare alla mia Divinità le delizie del riposo; inoltre mi è assai caro vedere le anime prodigarsi per i fratelli in opere di carità ».

Verso sera ella si ricordò dell'accondiscendenza di Gesù che, alla fine di quel giorno, si era recato a Betania, presso Marta e Maria; ella medesima si sentì ardere dal desiderio di dare ospitalità al suo divino Sposo.

Prostrandosi allora amorosamente ai piedi del Crocifisso, baciò con tenerezza la Piaga del Costato, con l'intenzione di attrarre tutti i desideri del Cuore amantissimo del Figlio di Dio; indi lo supplicò, per l'ardore delle preghiere sgorgate dal suo dolcissimo Cuore, di scendere nel misero domicilio del suo cuore. Il Signore, pieno di bontà, sempre pronto ad accogliere le nostre preghiere, la favorì della sua dolce presenza, e le disse teneramente: « Eccomi, sono qua, cosa mi dai? ». E Geltrude: « Oh, sii il benvenuto, Tu che sei l'unica mia salute, il mio tutto, il mio solo vero tesoro! ». E aggiunse: « Ohimè! Indegna come sono, non ho preparato nulla che possa convenire alla tua maestà; ma ti offro tutto ciò che sono, pregandoti e scongiurandoti di volere preparare Tu stesso in me! ciò che può maggiormente piacere alla tua divina bontà ». Gesù le rispose: « Se tu mi accordi tanta libertà, dammi la chiave che mi permetta di prendere e di rimettere tutto quanto converrà al mio benessere ed alla mia refezione. « Signore - chiese Geltrude - cos'è questa chiave? ». « E' la tua propria volontà », concluse il Signore.

Questa parola le fece comprendere che, se un'anima desidera offrire ospitalità a Gesù, deve rimettergli la chiave della propria volontà, abbandonarsi interamente a Lui e credere fermamente che la divina bontà opererà la sua salute, con tutti i mezzi; quando l'anima è così disposta, il Signore entra e vi compie operazioni d'amore. Guidata poi dall'ispirazione divina Geltrude recitò, da parte di ciascuno de' suoi membri, trecento sessantacinque volte, la parola del Vangelo: « Non mea sed tua voluntas fiat - Si faccia la tua, non la mia volontà (Luc. XXII, 42) amabilissimo Gesù! » e comprese che questa preghiera era graditissima al Signore.

Volle poi chiedergli in che modo riceverebbe la divozione di un'anima che celebri la festa di quel giorno, con pratiche identiche alle sue basandosi sul libro di Ester, e su quelle parole della Cantica: « Egredimini, flliae Jerusalem - Uscite, figlie di Gerusalemme » (Cant. III, 11). Il Signore rispose: « Il mio divin Cuore accetta con grande sodisfazione questo modo di celebrare la festa, tanto che, nell'eterna vita, colui che l'avrà praticato riceverà grande ricompensa. Gli preparerò nella mia regale munificenza, un banchetto nuziale dove otterrà maggior onore, gioie, delizie di tutti gli altri invitati, appunto come la sposa, alla mensa nuziale, gode maggiormente di quanto le è offerto, benchè il re, per suo riguardo, prodighi anche agli altri invitati i regali della sua gefierosità ».