CAPITOLO VI. - TRIPLICE OFFERTA NEL GIORNO DELL'EPIFANIA

Nel giorno dell'Epifania, Geltrude avrebbe voluto offrire a Gesù dei
regali di lusso, come quelli dei Magi, per sodisfare a tutti i peccati
del mondo, da Adamo fino all'ultimo de' suoi figli. Ella offrì, come
mirra il Corpo di Cristo, con tutte le sofferenze, che lo dilaniarono,
specialmente durante la Passione. Presentò quale incenso l'Anima
santissima del Cristo, perchè le ardenti suppliche che si elevàrono da
quel divino incensiere, supplissero alle negligenze di tutte le
creature. Infine offerse come oro, per riparare le imperfezioni di
tutti gli esseri creati, la perfettissima Divinità e le delizie di cui
è la sorgente. Le apparve allora il Signore Gesù portando quella stessa
offerta, come un tesoro infinitamente prezioso, in atto di presentarla
alla SS. Trinità. Mentre si avanzava in mezzo al cielo, tutta la Corte
celeste, penetrata di rispetto, piegava il ginocchio e si chinava
profondamente, come fanno le persone devote quando il Corpo di Cristo
passa davanti a loro.
Geltrude si ricordò allora di parecchie persone le quali, con profondo
senso d'umiltà, l'avevano supplicata di offrire a Dio per loro, in
memoria dei doni dei Magi, alcune preghiere che aveva recitate in
preparazione alla festa. Mentre faceva tale offerta con tutto il cuore,
il Signore Gesù le apparve, attraversando il cielo con quel secondo
dono della sua Sposa, per presentarlo a Dio Padre. Tutta la Corte
celeste accorreva a Lui d'intorno, magnificando quello splendido
regalo. Ella ben comprese allora che, se un'anima offre a Dio le sue
preghiere ed azioni, tutta la Corte celeste esalta quel dono, come
offerta preziosa all'occhio del Signore. Quando poi l'anima, non
contenta di offrire i suoi beni, vi aggiunge le opere perfettissime dei
Figlio di Dio, i Santi, come già dicemmo, mostrano tanta riverenza a
quel dono come la cosa più preziosa, al di sopra della quale non sta
che l'Unica e adorabile Trinità.
Un'altra volta, mentre al S. Vangelo si leggevano, nella stessa
solennità quelle parole « Et procidentes adoraverunt eum - prostrati lo
adorarono » ella, con sentimento di grande fervore, si prostrò ai piedi
di Gesù divotamente, per adorarlo in nome di tutto ciò che esiste, in
cielo, in terra e nei luoghi inferiori.
Non trovando Geltrude però alcuna offerta degna di Dio, si mise a
percorrere tutto il mondo, con la brama ansiosa di cercare qualche cosa
che potesse essere presentata al suo Diletto. Mentre, ardente del più
puro amore, correva con l'immaginazione tutta la terra, trovò in grande
quantità cose disprezzabili che chiunque avrebbe rifiutato, perchè
scorie che non potevano contribuire alla gloria ed alla lode di Dio.
Invece con geniale pensiero le fece sue avidamente, per trasformarle in
cose degne di Colui che tutte le creature devono servire.
Raccolse dunque in cuore tutti i dolori, le pene, le ansietà, i timori
sofferti senza rassegnazione, con senso di umana fragilità;
s'impossessò di tutta la falsa santità, delle preghiere recitate senza
divozione dagli ipocriti, dai farisei, dagli eretici e gente consimile;
infine raccolse l'affezione naturale, l'amore morboso, falso ed impuro
dispensato da tante creature; trasformando quel cumulo di miserie con
l'ardore di desideri infuocati, quasi in mistico crogiolo, le presentò
al Salvatore, ridotte a mirra squisita, a fragrantissimo incenso,
all'oro più puro.
Gesù, seguendo con immensa gioia questo lavoro, tanto ingegnoso della
sua Sposa, s'affrettò a gradirlo. Pose quelle offerte come fulgide
gemme, nel suo stesso diadema reale, dicendo con ineffabile sorriso: «
Sono le perle del tuo amore! Le porterò sempre come ricordo della tua
straordinaria tenerezza verso di me, le porterò sulla corona che cinge
la mia fronte, dinanzi a tutta la Corte celeste, glorificandomi di
averle ricevute da te, o mia diletta Sposa; così appunto fanno gli
imperatori della terra, fissando sulla loro corona quella gemma,
chiamata volgarmente ein Besant, unica in tutto l'universo ».
In quel punto Geltrude si ricordò di una persona che parecchie volte,
l'aveva supplicata d'offrire al Signore, in quel solenne giorno,
qualche cosa a nome suo. Ella chiese a Gesù cosa gli sarebbe gradito ed
Egli rispose: « Offrimi
i suoi piedi, le sue mani, il suo cuore. I piedi rappresentano i
desideri: - poichè quella persona vorrebbe riparare i dolori della mia
morte, è bene che si applichi a sopportare pazientemente le sue
sofferenze fisiche e morali: - essa deve unirle alla mia Passione, e
offrirle per la lode e gloria del mio nome, e per l'utilità della
Chiesa, mia Sposa. Accetterò tale dono come sceltissima mirra. Le mani
simboleggiano l'azione: essa s'impegnerà di unire le sue opere
corporali e spirituali a quelle che io ho compiute nella mia santa
Umanità; tale intenzione nobiliterà e santificherà tutti i suoi atti,
che mi saranno graditi come profumatissimo incenso. Infine il cuore è
simbolo della volontà: essa, per conoscere i miei voleri, deve
interrogare umilmente un direttore esperto e star sicura che la sua
parola è l'eco fedele della mia. Se seguirà tali consigli accetterò
tutti i suoi atti come perfetta oblazione di oro purissimo. Per
premiare poi l'umile confidenza che l'ha indotta a cercare la tua
mediazione, farò sì che la sua volontà sia unita alla mia così
strettamente, come l'oro e l'argento che, posti al fuoco, si fondono in
un solo metallo ».
Geltrude offerse poi al Signore le preghiere che alcune persone le
avevano confidate divotamente. Vide allora Gesù porre in una borsa, che
aveva al lato sinistro, quegli spirituali tesori che distribuiva indi
a' suoi particolari amici. Quando poi ella stessa offerse le sue stesse
preghiere, esse presero forma di gioielli che il Salvatore dava alle
anime meno adorne e preparate: comprese che il Signore accettava le
preghiere delle persone che le si erano raccomandate sotto un duplice
aspetto, cioè per ricompensare la confidenza che avevano posto nella
sua mediazione, e il disinteresse col quale avevano lasciato libertà di
offrire tali suppliche, o come sue, o da parte loro, essendo paghe che
Gesù fosse onorato e contento.