CAPITOLO LXXVI. - COMUNICAZIONE SPIRITUALE DEI MERITI

Geltrude con senso d'ineffabile carità, aveva chiesto al Signore,
entrando in Chiesa, che partecipasse ad un'anima cara, che si era
raccomandata alle sue preghiere, i meriti delle sue opere buone;
digiuni, preghiere, penitenze ecc. Rispose Nostro Signore: «Io comunicherò a quest'anima
tutti i favori che la mia divina liberalità ti accorda gratuitamente, e
che ti accorderà fino alla morte». Riprese Geltrude: «
Poichè, per la Comunione dei Santi, l'intera Chiesa partecipa a quanto
faccio di bene e anche a quanto fanno gli eletti, vorrei sapere se
questa persona riceve dalla tua bontà, o mio dolce Gesù, qualche cosa;
di più quando, in virtù del bene che le voglio, ti chiedo di renderla
partecipe di tutti i favori che mi accordi ». Il Salvatore rispose con
un paragone: « Una nobile
damigella, che sa preparare collane di perle per farne gioielli a uso
suo e di sua sorella, aggiunge lustro al decoro de' suoi genitori e a
tutta la famiglia, quantunque le lodi del pubblico si rivolgano
soprattutto a colei che ha confezionato tali collane: pure anche, la
sorella, che ha ricevuto quei gioielli, benchè forse meno eleganti,
sarà ammirata plù delle altre sorelle, che non hanno ricevuto ornamento
alcuno. Così, benchè la Chiesa partecipi ai favori accordati a ciascuno
dei suoi membri, l'anima però che li riceve, ne ritrae maggior
vantaggio, e coloro ai quali essa desidera parteciparli ne fruiscono
beneficio più grande dell'insieme degli altri fedeli ».
Geltrude allora fece notare a Nostro Signore che quella persona aveva
portato spesso dei ristori materiali per sollevare Matilde, la cantrice
del Monastero, recentemente defunta; aggiunse che quella persona si
rammaricava assai di non essersi intrattenuta a lungo con la cara
malata per consolarla, nel timore di affaticarla troppo. Rispose Gesù:
« La generosa carità con
cui quest'anima ha ristorato la mia eletta, ed il rimpianto che serba
in cuore per non aver potuto sollevarla ancora di più, mi riescono cosi
graditi come se mi servisse a mensa cibi squisiti, al pari di un
illustre principe che facesse lo stesso ufficio al banchetto del suo
imperatore. Io mi sono assai compiaciuto negli esercizi coi quali
Matilde mi ha onorato, servendosi delle forze che le avevano procurato
i regali avuti da quella persona; intendo parlare non solo di soccorsi
materiali, ma altresì dei pensieri, degli atti, dei consigli che, in
ogni occasione, sostennero la mia diletta Matilde. Riguardo poi al
rincrescimento di non avere potuto intrattenersi più a lungo con essa,
supplirò io stesso a tale deficienza. Uno sposo che ama teneramente la
sua sposa e che la vede, per una estrema delicatezza, troppo timida nel
chieder ciò che pure desidera, questo sposo, dico, commosso dal saggio
riserbo della sua diletta, lo accorda il doppio di quanto brama. Così
le darò generosamente quanto le manca.
« Per la gioia poi
ch'essa prova nel vedere i benefici di cui ho colmato la mia eletta,
riceverà in cielo delizie ineffabili e l'irradiazione delle grazie che
ho concesse a Matilde. Tale riverbero che sfuggirà dall'anima della mia
Sposa, è lo splendore infinito della divina chiarezza che l'illumina.
Come i raggi del sole, dardeggiando sulla superficie delle acque, si
riflettono sulla muraglia, così il fulgore de' miei benefici brillerà
nelle anime che furono prevenute sulla terra dalla dolcezza delle mie
benedizioni; avrà poi speciali bagliori su quelle che provarono in
terra una gioia speciale, al pensiero di tali benefici. Tuttavia vi
sarà una differenza, e cioè brilleranno, non come sulla superfice opaca
di una muraglia, ma a guisa di un lucidissimo specchio, che riflette
distintamente le immagini che gli sono poste davanti ».