CAPITOLO LIX. - DISCREZIONE DI GESU' NEL DOMANDARE SOLO QUELLO CHE E' PROPORZIONATO ALLE NOSTRE FORZE

Le infermità impedivano a Geltrude di cantare in coro. Ella vi si
portava tuttavia e prestava orecchio alla salmodia delle Consorelle,
per spendere le sue poche forze al servizio di Dio. Non era però senza
fatica che vi applicava lo spirito, e tale impotenza era per lei
oggetto di tristezza e di scoraggiamento. Spesso se ne doleva con Gesù,
dicendo: « O mio amabilissimo Maestro, quale vita inutile è mai la mia!
Quale onore posso renderti mentre me ne sto qui seduta, negligente ed
inutile, afferrando solo a stento il suono di qualche parola? ». Gesù
faceva sembianza di non udirla, ma alfine un giorno rispose: « E tu non saresti riconoscente ad
un amico che venisse talvolta a offrirti una dolce e corroborante
bevanda da te bramata? Sappi bene: le poche parole che tu proferisci,
canti, o mediti mi sono ancora più gradite e consolanti ».
Al S. Vangelo della Messa, ella durava fatica ad alzarsi, tanto era la
stanchezza che l'abbatteva; ma poi si rimproverava quell'esitazione
come una viltà. A che - pensava ella - risparmiarmi così, mentre non ho
più speranza di ricuperare la salute? Un giorno tuttavia ella interrogò
il Signore per sapere quello che tornava alla sua maggiore gloria, e ne
ricevette questa risposta: « Quando per mio amore fai cosa che supera
le tue forze, te ne sono riconoscente come se il tuo sacrificio fosso
indispensabile al mio cuore. Quando, al contrario, con retta
intenzione, risparmi le forze e curi il corpo, te ne sono grato come se
tu donassi un necessario sollievo alle mie membra inferme: tanto
nell'uno come nell'altro caso, ti ricompenserò secondo l'ampiezza della
mia divina magnificenza ».