CAPITOLO LII. - COME OFFRIRE L'INSONNIA AL SIGNORE

Qualche tempo dopo Geltrude passò una notte quasi interamente insonne,
rimanendone stanca, e svigorita. Come d'abitudine offrì a Gesù la sua
pena in eterna lode, per la salvezza misericordiosa del mondo intero.
Il Signore, compatendo con bontà alla sua sofferenza, le insegnò
d'invocarlo, in casi consimili, con questa preghiera: « O Gesù, per la
tranquillissima dolcezza con la quale hai riposato da tutta l'eternità
nel seno del Padre, per il gradito tuo soggiorno di nove mesi nel seno
della Vergine, per le gioie che hai gustate nel cuore di anime
particolarmente amate, ti prego, o Dio misericordioso, di degnarti, non
per mia soddisfazione, ma per la tua eterna gloria, di accordarmi un
po' di riposo, affinchè le mie membra affaticate possano rinvigorirsi ».
Mentre pronunciava questa preghiera, Geltrude vedeva le parole
trasformarsi in gradini per aiutarla ad elevarsi fino a Dio. Il Signore
le mostrò allora, preparato alla sua destra, un magnifico seggio,
dicendole: « Vieni, o mia eletta, reclinati sul mio Cuore e vedi se
l'amor mio, sempre vigilante, ti permetta di gustare un po' di riposo».
Quand'ella si fu alquanto ristorata sul Cuore del Signore,
raccogliendone i palpiti dolcissimi, disse: « O amor mio, che
significano questi tuoi palpiti? ». « Significano - rispose - che
quando una persona si trova sfinita e priva di forze per l'insonnia,
può rivolgermi tale preghiera per rinvigorirsi e cantare le mie lodi.
Se poi non l'esaudisco, ed essa sopporta la sua debolezza con umile
pazienza, allora sarà accolta dalla mia divina Bontà con gioia tutta
speciale. Un amico non è forse riconoscente se vede l'amico suo più
intimo, levarsi subito al suo richiamo, quantunque sia assonnato ed
imporsi quel sacrificio per avere la consolazione d'intrattenersi con
lui? Tale atto di cortese compiacenza gli è più gradito che se un altro
amico, che passa solitamente le notti insonni, si levasse volentieri,
ma più per abitudine che per amore. Così colui che mi offre
pazientemente la sua infermità, quantunque la malattia e le veglie
abbiano esaurito le sue forze, mi è assai più cara di colui che, avendo
buona salute, passa l'intera notte in orazione, senza risentire disagio».