CAPITOLO XXIX. - IL SALUTO DEL SIGNORE

Geltrude un giorno meditava parecchie circostanze nelle quali aveva.
dovuto esperimentare la fragilità e l'incostanza umana. Volgendosi
allora verso Gesù gli disse c Amare
Te solo, mio Diletto, è tutto per me (1) ». Egli, chinandosi,
l'abbracciò teneramente, dicendole « Amarti, o Figlia, è una gioia
estremamente dolce al Cuor mio ». Appena Gesù ebbe pronunciate queste
parole, tutti i Santi si rizzarono davanti al trono di Dio e offrirono
i loro meriti al Signore perchè, a sua maggior gloria, degnasse
offrirli a Geltrude afl~nchè diventasse degno domicilio dell'Altissimo.
Ella constatò allora con quale prontezza il Signore si degna inchinarsi
verso di noi, e come i Santi siano divorati dal desiderio di onorare
Dio, poichè coprono coi loro meriti l'indigenza degli uomini.
Così Geltrude esclamò con tutto lo slancio del cuore: « Io, piccola, vile creatura, ti
saluto amatissimo Gesù! ». Rispose il Salvatore di
rimando: « A mia volta ti saluto, dilettissima figlia! ».
Ella poi comprese che, se un'anima dice a Dio: « Mo diletto,
dolcissimo, amatissimo Gesù » o altre parole consimili, ogni volta
ricaverà la stessa risposta a lei diretta e godrà in cielo un
privilegio speciale, analogo a quello concesso a S. Giovanni
Evangelista, che ottenne una gloria particolare perchè quaggiù era
chiamato: c discipulus quem diligebat Jesus - il discepolo che Gesù
amava » (S. Giov. XXI, 7).