CAPITOLO XXVI. - ABBONDANZA DI GRAZIE CHE IL CUORE DIVINO DIFFONDE

Nei giorni che seguirono, meditando con riconoscenza su questo
magnifico dono, ebbe un gran desiderio di sapere fino a quando il
Signore glielo conserverebbe. Egli si degnò di rispondere: « Te lo lascerò fin quando vorrai,
nè giammai ti capiterà di deplorarne la perdita ». « Mio
dolcissimo Gesù - aggiunse Geltrude - come va che spesso considero il
tuo divin Cuore quasi lampada ardente sospesa nell'anima mia così
miserabile, e altra volta, quando col soccorso della tua grazia posso
avvicinarmi a Te, ho la gioia di ritrovarlo questo divin Cuore nel tuo
petto e di attingervi ineffabili delizie? ».
Rispose il Signore: « Quando
vuoi afferrare qualche cosa, stendi la mano, e appena in possesso
dell'oggetto da te bramato, la ritiri tosto; così quando vedo la tua
anima allontanarsi un poco da me per il fascino delle cose esteriori,
io rivolgo verso di essa il mio Cuore languente d'amore. Se tu rispondi
ai miei teneri inviti, se acconsenti a ricevermi ed a contemplarmi
nell'intimo dell'anima tua, allora ti ritiro in me con il mio Cuore e
t'offro il godimento delle sue perfezioni ».
Geltrude alla considerazione di tanta bontà, fu penetrata d'amore e di
riconoscenza. Ella approfondiva sempre più la sua miseria che la
rendeva indegna di qualsiasi grazia e si gettava, con grande disprezzo
di sè, nella valle dell'umiltà che le era familiare rifugio; ivi rimase
un po' di tempo nascosta a tutti gli umani sguardi, poi Dio
onnipotente, che abita nel più alto de' cieli e che trova le sue
delizie a diffondere sugli umili la rugiada delle sue grazie, parve far
uscire dal suo Sacro Cuore una cannula d'oro, simile a lampada ardente
che illuminava Geltrude, inabissata nel suo nulla. Con quel misterioso
canale Gesù faceva scorrere su di lei l'abbondanza ammirabile dei
divini favori. Se per esempio si umiliava alla vista delle sue colpe,
il Signore, pieno di compassione, versava nell'anima sua la linfa
feconda delle virtù che distruggeva tutte le sue imperfezioni, tanto
che tali macchie non apparivano più agli occhi della divina Maestà. Se
altra volta ella desiderava qualche dono speciale e quelle dolcezze che
il cuore umano suole ambire, nello stesso istante tali benefici erano
concessi alla sua anima per mezzo del canale di cui abbiamo più sopra
parlato.
Geltrude gustava da tempo la soavità di tali delizie e con la grazia di
Dio, aveva potuto inalzarsi alla più alta perfezione arricchendosi di
tutte le virtù, (non le sue proprie, ma quelle del Signore), quando
intese nel cuore una voce armoniosa che risuonava come la soave melodia
di un'arpa toccata da mano maestra; essa diceva: « Vent mea ad me - Tu
che sei mia, vieni da me - Intra meum in me - Tu che, sei mia, vieni in
me - Mane meus mecum - Tu che sei il mio bene, resta con me - ».
L'amabile Salvatore si degnò spiegarle questi canti « Veni mea ad me »,
perchè ti amo e desidero vederti a me vicino quale Sposa fedele, perciò
ti dissi: « Veni »: « Intra meum in me », perché godo grandi delizie
nell'anima tua, e come il fidanzato aspetta con ardore il giorno delle
nozze che completerà la gioia del suo cuore, così desidero che tu entri
ed abiti in me. « Mane meus mecum »: poichè ti ho scelta, Io, che sono
il Dio d'amore, desidero rimanere con te in una unione indissolubile,
unione simile a quella che esiste fra il corpo e l'anima, unione sì
stretta che l'uomo non può esistere neppure un minuto, quando l'anima
ha abbandonato il suo mortale involucro ».
Durante l'incanto di questo sublime colloquio, Geltrude fu attratta
verso il Cuore di Gesù in modo meraviglioso, mediante quel mistico
canale al quale abbiamo più sopra accennato, e si trovò felicemente
introdotta nel seno del suo Sposo e del suo Dio. Quanto poi in quel
sacro asilo ella abbia. sentito, visto, gustato, toccato del Verbo di
vita, ella solo lo sa, e Colui che si degnò d'ammetterla a unione così
sublime. Colui che è lo Sposo delle anime amanti, Gesù, il Dio
benedetto nei secoli, sopra ogni cosa.