Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 13 giugno 2025 - Sant´Antonio da Padova (Letture di oggi)

Il Signore fa vedere e chiama; ma non si vuol vedere e rispondere, perché piacciono i propri interessi. Capita anche, a volte, per il fatto che la voce si è sempre udita, che non la si avverta più; ma il Signore illumina e chiama. Sono gli uomini che si mettono nella posizione di non poter udire più. (San Pio da Pietrelcina)

CAPITOLO XVIII. - PREPARAZIONE A RICEVERE IL CORPO DI CRISTO ED ALTRE DIVINE MANIFESTAZIONI


I. Devoto esercizio verso il SS. Sacramento.


Un giorno Geltrude si avanzava a ricevere il SS. Sacramento, mentre il coro cantava l'antifona « Gaude et laetare ». Alle parole « Sanctus, Sanctus, Sanctus » il sentimento della sua bassezza la penetrò così profondamente, da gettarla in un abisso d'umiltà; domandò allora al Signore di preparare Lui stesso la sua anima a ricevere degnamente il Cibo celeste per la gloria di Dio e la salvezza delle anime del mondo intero.

Il Figlio di Dio, dolcissimo Amico delle sue creature, si chinò verso di lei e durante il secondo « Sanctus » depose sull'anima sua un soavissimo bacio, dicendo: « Nel momento in cui mi si offre questo Sanctus io ti regalo, col mio bacio divino, tutta la santità della mia Umanità e della mia Divinità, perché ti serva di preparazione e possa venire degnamente a ricevermi ».

Il giorno dopo, ch'era una domenica, mentre ella esprimeva la sua gratitudine per un tale beneficio il Figlio di Dio, il più bello fra tutti gli Angeli, la prese fra le sue braccia e, come trovasse in lei tutta la sua gloria, la presentò al Padre rifulgente nella perfezione di santità di cui l'aveva colmata. Il Padre si compiacque talmente in quell'anima, presentata dal Figlio suo, che, lasciando traboccare il suo amore, le conferì, in unione con lo Spirito Santo, la perfezione che loro era stata tributata col primo e col terzo « Sanctus ». Geltrude ricevette così una benedizione piena e completa, in nome dell'Onnipotenza, della Sapienza e della divina Bontà.


II. Il Signore l'assicura che non si separerà mai da lei.


Un altro giorno, mentre parecchie consorelle erano obbligate ad astenersi, per diverse ragioni, dalla S. Comunione, ella s'avvicinò al Signore e gli disse gioiosamente: « Come ti ringrazio, amatissimo Gesù, d'avermi posta in una situazione tale che, nè parenti, nè altro motivo possono allontanarmi dal tuo divino Banchetto ». Il Signore, con l'abituale sua bontà, rispose: « Tu riconosci che niente può allontanarti da me; sappi anche che nulla vi è, nè in cielo, nè in terra, nulla, neppure i rigori della mia giustizia e dei miei giudizi che possano porre ostacolo ai benefici di cui voglio colmarti per la gloria suprema del mio Cuore ».

Altra volta ella doveva ricevere ancora la SS. Comunione, e desiderava con ardore di essere degnamente preparata da Gesù stesso; Egli si compiacque di dirle con bontà: « Io voglio rivestirmi di te; protetta dalla difesa di questo velo, la mia mano potrà stendersi al peccatore e fargli del bene, senza riportare ferite dal suo pungiglione. Io voglio inoltre rivestire te di Me stesso, affine di comunicare il medesimo onore e i favori che l'accompagnano a quanti tu, richiamandoli alla tua memoria, avrai avvicinato a Me ».


III. Accoglienza favorevole delle Tre divine Persone.


Un mattino Geltrude doveva partecipare ai divini misteri e andava meditando i grandi benefici ricevuti da Dio, quando si ricordò di un passo del libro dei Re: « Quis ego sum, aut quae domus patris mei? Chi sono io e qual'è la dimora dei miei padri? » (I Re. XVIII, 18). Non indugiò però a meditare quelle parole, come se riguardassero solo le persone che vissero nei tempi andati; piuttosto ella si considerò quale tenera pianticella, posta vicino al divin Cuore, raggiante di tenerezza, pronta a riceverne il dolce influsso. Ma poi, quasi inaridita a cagione delle colpe e negligenze commesse, stava per dissolversi in cenere, sì da sembrare un piccolo carbone giacente al suolo. Invocò ella allora Gesù, Figlio di Dio, Mediatore ricco di bontà. Lo pregò di purificarla e di presentarla al Padre. Il Signore parve attrarla a sè, per mezzo dell'influenza amorosa che irradiava dai suo Cuore squarciato, per lavarla nell'acqua che da esso fluiva, irrorandola col Sangue prezioso e vivificante di quella sacratissima ferita. Tale operazione ravvivò il piccolo carbone spento che si mutò ben presto in un albero verdeggiante i cui rami si dividevano in tre direzioni, come vediamo in un giglio. Il Figlio di Dio e lo Spirito Santo parvero deporre su due altri rami, i frutti della Sapienza e dell'Amore.

Dopo aver ricevuto il Corpo di Gesù, Geltrude vide l'anima sua sotto la forma di un albero che affondava le radici nel Costato del Signore e sentì, in modo misterioso, che l'albero attingeva in quella Piaga benedetta una linfa vivificante che, dalle radici, saliva nei rami, nelle foglie e nei frutti, comunicando loro la virtù della Divinità e dell'Umanità del Salvatore.

Così la vita divina si manifestava in essa con nuovi splendori, come l'oro appare più fulgido attraverso al cristallo. La SS. Trinità e tutti i Santi gustarono, a quella vista, gioie meravigliosamente dolci; i Santi si alzarono rispettosamente, piegarono le ginocchia e presentarono ciascuno i loro meriti sotto la forma di corone che sospesero ai rami, dell'albero. Essi, in quell'omaggio, volevano glorificare e lodare Colui che si degnava risplendere attraverso la sua creatura, procurando loro nuovi godimenti.

Geltrude pregò inoltre per tutti quelli che in cielo, sulla terra e nel Purgatorio avrebbero ricevuto qualche profitto dalle sue buone opere, se non fosse stata così negligente, e domanda che partecipassero ai beni di cui la sua anima, per la divina generosità, era stata arricchita.

Ben presto le sue opere, simboleggiate nei frutti dell'albero, cominciarono a stillare un liquore prezioso di cui una parte si diffuse sugli abitanti del cielo per aumentarne le gioie; un'altra parte scorse giù nel Purgatorio, per addolcire le pene di quelle anime desolate; la terza investì tutta la terra, donando ai giusti maggiore slancio verso la santità e ai peccatori le amarezze salutari del pentimento.


IV. Vantaggi dell'assistenza alla S. Messa.


Un giorno Geltrude, durante la S. Messa, offerse al divin Padre, assieme al sacerdote, l'Ostia santa, in riparazione de' suoi peccati e per supplire alle sue negligenze. Le fu rivelato che l'anima sua era stata accolta dalla divina Maestà con la stessa compiacenza con cui aveva gradito Gesù Cristo, splendore e immagine del Padre, Agnello immacolato, immolantesi su tutti gli altari per la salvezza del mondo.

Dio Padre, mirando l'anima di Geltrude attraverso all'innocentissima Umanità di Cristo, la trovava pura e illibata; considerandola poi negli splendori della Divinità del Salvatore, la trovava adorna e ricca di ogni virtù, cioè delle stesse perfezioni di cui la Divinità aveva arricchito l'Umanità del Verbo incarnato.

Geltrude ringraziò il Signore d'averla colmata dei suoi benefici, e ricevette questa luce: tutte le volte che una persona assiste alla S. Messa, unendosi a Gesù che s'immola per il riscatto del mondo, Dio Padre la contempla con la stessa compiacenza dell'Ostia Santa. Quest'anima diventa allora risplendente come una persona che, uscendo dalle tenebre, si trovasse avvolta nella piena luce del sole.

La Santa chiese a Gesù: « Se si cadesse poi in peccato, si spegnerebbe questa luce, come se la persona suddetta passasse dal meriggio a luogo tenebroso? ». « No, figlia mia - rispose Gesù - perché colui che pecca pone, per così dire, l'ombra d'una nube fra lui e la mia misericordia; ma la mia bontà gli conserva, per la vita eterna, un pò di quelle benedizioni, che poi vedrà crescere e moltiplicarsi ogni volta che si accosterà con divozione ai sacri misteri ».


V. Come i peccati di lingua rendono indegni della SS.. Comunione.


Dopo d'aver ricevuto la SS. Comunione riflettè di quanta vigilanza bisogna circondare la lingua per evitare qualsiasi peccato, essendo proprio essa che ha l'insigne onore di ricevere i preziosi misteri di Cristo.

Il Signore volle illuminarla con questo paragone: « Se qualcuno non vigila per evitare parole oziose, vane, bugiarde, immodeste o maldicenti, e, senza averne fatto penitenza,, s'accosta a ricevermi, costui mi accoglie come farebbe una persona che, aprendo la sua casa ad un ospite, gli rovesciasse addosso un mucchio di sassi posto sulla soglia, o gli assestasse un colpo di bastone sul capo ».

O Tu che leggi, medita queste parole e piangi di compassione, considerando, da una parte la durezza del cuore umano, dall'altra la bontà di Dio che non si stanca di salvare gli uomini che lo perseguitano così crudelmente.


VI. Come l'anima deve rivestirsi per ricevere degnamente la SS. Comunione.


Geltrude si trovò un giorno poco preparata per ricevere la SS. Comunione e, siccome il tempo stringeva, ella cercò di rinfrancare se stessa con questa riflessione: « Ecco che lo Sposo ti chiama; come potrai presentarti a Lui senza essere adorna dei meriti necessari a coloro che vogliono. cibarsi degnamente delle sue Carni immacolate? ». La povertà dell'anima sua le appariva così assoluta, da farle perdere ogni speranza nelle sue personali industrie; però mise tutta la sua confidenza in Dio, facendo queste riflessioni: «A che mi serve aspettare? Quand'anche avessi mille anni a mia disposizione, non potrei dispormi bene, perchè nulla in me ha valore per arricchire lamia preparazione.

« Me ne andrò dunque incontro a Gesù con umiltà e fiducia ed Egli, quando mi vedrà da lungi, avrà compassione di me, e il suo onnipotente amore lo indurrà a concedermi i beni necessari per riceverlo degnamente ». Con questi sentimenti si avanzò verso Dio, tenendo sempre lo sguardo fisso alla sua bassezza e povertà.

Aveva appena fatto pochi passi, quando Gesù le apparve; la guardò con tenera compassione, volle rivestirla della sua innocenza con una tunica candidissima, e della umiltà, che gli fa accettare di unirsi a creature così indegne, offrendole una tunica violacea.

La speranza che fa desiderare al Signore gli amplessi dell'anima, era simboleggiata da un ornamento di colore verde l'amore di cui Dio si compiace di circondare le sue creature, la coprirebbe con un prezioso manto d'oro; la gioia che procura a Dio gaudio ineffabile nel discendere nei nostri cuori, formerebbe una corona di perle smaglianti. Ella riceverebbe infine, come calzatura, quella confidenza, con la quale il Signore si appoggia alla nostra fragile sostanza, dichiarando di trovare la sua delizia nei figliuoli degli uomini. Così adorna ella si accostò fervorosamente alla SS. Comunione.


VII. Con quale amore il Signore si dà nel SS. Sacramento.


Dopo d'aver ricevuto la SS. Comunione, Geltrude, tutta raccolta in sè, vide Gesù in figura di un pellicano che, come spesso si suole rappresentare, si apre il cuore col becco. Piena di ammirazione chiese: « O mio dolce Maestro, cosa vuoi farmi comprendere sotto questa figura? ». «Voglio che tu consideri quanto smisurato sia l'amore che mi induce a fare agli uomini un sì eccelso dono. Se l'espressione potesse convenirmi direi che la morte mi parrebbe meno amara del rifiutare questo dono ad un'anima amante. Considera in qual modo mirabile la tua anima riceva da questo divin Sacramento una grazia, che è come un anticipo della vita eterna, cosi come i piccoli del pellicano ricevono la vita dal sangue che cola dal cuore del padre ».


VIII. Eccesso di bontà nel divin Sacramento.


Un predicatore aveva lungamente predicato i rigori della divina giustizia e la sua parola era penetrata così addentro nel cuore di Geltrude, da crearvi rinascenti perplessità.

Il Signore si degnò d'incoraggiarla: « Se non vuoi più guardare con gli occhi dell'anima le bontà infinite con cui ti circondo, guarda almeno con quelli del corpo, come m'imprigiono in un piccolo ciborio e sotto quali umili apparenze mi accosto all'uomo. Capirai allora che nell'Eucarestia la misericordia imprigiona completamente la giustizia, ed è appunto la misericordia che voglio manifestare agli uomini in questo Sacramento ».

Altra volta, per gli stessi motivi, la divina Bontà l'invitò, in questi termini, a gustare tutta la dolcezza dell'Eucaristico Dono: « Guarda la minima proporzione dell'Ostia, sotto cui mi nascondo per, nutrirti della mia Divinità e della mia Umanità; considera che subordino il mio Corpo, così umiliato, al corpo dell'uomo che mi riceve, e tale subordinazione non è che la figura di quella che mi sottomette alla volontà di chi comunica ».

Un giorno, mentre Geltrude si comunicava, il Signore le manifestò l'eccesso della sua bontà: « Hai notato come, per celebrare il S. Sacrificio, il sacerdote si ricopre di un'ampia pianeta per riverenza a sì augusto mistero? Però quando distribuisce il mio Corpo, l'ornamento è rialzato sulle braccia: è con la mano nuda che offro il Pane celeste per far capire che, se accetto con bontà quello che si fa per prepararsi alla S. Comunione, cioè preghiere, digiuni e altre simili opere, tuttavia m'inchino con una compassione molto più tenera verso coloro che, sprovveduti di tali ornamenti, ricorrono fiduciosamente alla mia misericordia, giudicandosi incapaci di onorarmi degnamente. Tale è la mia benignità, ma sono pochi quelli che penetrano questo dolce mistero d'amore ».


IX. L'Umiltà è più gradita a Dio della divozione.


Un giorno, mentre la campana suonava per chiamare le monache alla SS. Comunione e già si era iniziato il canto dell'antifona, Geltrude disse al Signore: « Ecco, o mio Diletto, che a me ti avvicini! Ma perchè non hai supplito alla mia indegnità, accordandomi gli ornamenti della divozione? ». Rispose Gesù: « Uno sposo preferisce talvolta mirare la mano bianca e delicata della sua sposa senza guanto e il suo collo senza monili; così io mi compiaccio più dell'umiltà di chi si comunica che della divozione ».

Un'altra volta, quantunque parecchie Consorelle si fossero astenute dalla SS. Comunione, ella ricevette gioiosamente il Corpo di Cristo e sciolse, dall'intimo del cuore, l'inno del cuore, l'inno del più fervido ringraziamento. « Tu m'hai invitata al tuo sacro Banchetto - diceva ella - e io sono venuta, cantando le tue lodi ». Il Signore le rispose con parole d'ineffabile dolcezza: « Sappi che io ti desideravo con tutto l'amore del Cuore ». « O Signore - riprese la Santa - quale gloria e quale gioia può ridondare alla tua Divinità dal fatto che, con la mia bocca indegna, ho accolto il tuo immacolato Sacramento? ». E il dolce Salvatore: « Sappi, o figlia, che l'amore che si porta a un amico fa trovare un incanto speciale in tutte le sue parole; così la mia tenerezza mi fa gustare nel cuore degli eletti tali gioie che loro stessi non possono neppure supporre, nè provare ».


X. II divin Sacramento si dà all'anima non per essere visto, ma per essere gustato.


Un giorno, mentre il sacerdote distribuiva la S. Comunione, Geltrude voleva contemplare da lungi la sacratissima Ostia, ma non poteva per la folla di persone che assiepavano l'altare. Ella sentì allora Gesù invitarla amabilmente con queste parole: « Coloro che vivono da me lontani, ignorano questo mistero d'amore. Se tu vuoi avere la gioia di conoscerlo, avvicinati a me ed esperimenta, non per mezzo della vista, ma del gusto, la dolcezza di questa manna nascosta».


XI. Non bisogna biasimare coloro che per rispetto si astengono dalla SS. Comunione.


Geltrude vide un giorno una consorella avvicinarsi alla SS. Comunione con sentimenti di timore così esagerato, da sentirsi allontanare da quella suora con una specie d'intimo disgusto.

Il Signore gliene fece amoroso rimprovero: « Non sai, figlia mia, che il rispetto e l'onore mi sono dovuti come la tenerezza e l'amore? Giacchè la fragilità umana è incapace di compiere con un solo sentimento questi due doveri, e voi siete le membra di un solo corpo, è conveniente che la disposizione che manca all'una, sia supplita da un'altra. Così colui che è più commosso da sentimenti d'amore, si occuperà meno della riverenza che pure mi è dovuta. Dev'essere però contento che altri mi prodighi il rispetto e desiderare che anch'esso possa ottenere, a sua volta, le consolazioni della divina dolcezza ».


XII. II Signore vuol essere servito a nostre proprie spese.


Un'altra volta Geltrude vide una monaca turbarsi per lo stesso motivo, e pregò per lei. Il Signore rispose: « Vorrei che i miei eletti non mi considerassero così crudele, ma che fossero persuasi che tengo conto e gran conto di quello che fanno a loro spese. Colui che nell'aridità più assoluta compie le sue opere di pietà, preghiere, genuflessioni e tutto il resto, persuaso che la divina Bontà accetterà le sue offerte, sa veramente servirmi nella pratica immediata del suo amore ».


XIII. Perchè talora, durante la S, Comunione, ci sentiamo privati della grazia della divozione.


Geltrude esponeva un giorno a Gesù i lamenti di una persona che si sentiva meno divota nei giorni di Comunione. Non è effetto del caso, - spiegò il Signore - ma è una disposizione provvidenziale della mia bontà, perchè, se accordo la grazia della divozione per giorni ordinari e in momenti imprevisti, sforzo, per così dire, il cuore dell'uomo ad elevarsi verso di me, mentre, se non avesse ricevuto tale grazia, resterebbe immerso nel torpore.

Sottraendo invece il fervore nei giorni di festa, nell'ora solenne della S. Comunione; i miei eletti concepiscono ardenti desideri, si esercitano nell'umiltà e i loro sforzi li fanno progredire nella via della perfezione, più che se avessero doni di grazia sensibile ».


XIV. Non bisogna omettere la SS. Comunione quando si sono commesse colpe veniali.


Geltrude pregava un giorno per una persona che si era astenuta dalla S. Comunione per timore di scandalizzare il prossimo, essendo caduta in un leggero fallo esterno. Il Signore le rispose con un paragone: « Quando ci si accorge d'avere una macchia sulle mani, ci si affretta a lavarle, e allora esse si purificano completamente: la stessa cosa capita talvolta ai miei eletti. Permetto che cadano in qualche colpa leggera, perchè, compiendo poi atti di pentimento e d'umiltà, diventino più graditi ai miei divini sguardi e l'anima loro rinnovata, sfavilli di particolare splendore. Purtroppo però molti contrastano i miei amorosi disegni, non stimando la riconquistata bellezza interiore, e preoccupandosi soltanto della rettitudine esterna, basata sul giudizio degli uomini, - essi si privano così dell'immensa grazia di ricevermi, nel timore di essere biasimati da coloro che, avendo visto i loro falli, non hanno però visto il pentimento che li ha distrutti ».


XV. Gesù, a nostra richiesta, supplisce abbondantemente per ogni colpa..


La voce del Signore che invitava Geltrude alla mensa degli Angeli, si fece sentire un giorno; al suo cuore con tanta dolcezza, che le Sembrava già - di abitare gli eterni palagi, e di essere assisa in quel glorioso regno al banchetto del Padre celeste: Ma la vista della sua miseria d'indegnità la rendeva ansiosa, tacito che - cércava, di sfuggire, sì granite onore. Il Figlio di Dio le si accostò allora e la tirò in disparte, per disporla Lui stesso al divino incontro. Le lavò le mani per simboleggiare la remissione dei peccati, ottenuta mediante i meriti della sua Passione. Poi, togliendosi gli ornamenti regali, collane, braccialetti, anelli li offerse: alla sua Sposa, invitandola ad avanzarsi con gravità nella bellezza dei suoi gioielli, e raccomandandole di non correre come un'insensata senza dignità, la quale è atta più a ricevere disprezzo che onore.

Geltrude comprese che coloro che camminano come gli insensati, portando gli ornamenti del Signore, sono quelli che dopo d'avere considerato le loro imperfezioni, domandano al Figlio di Dio di soccorrerli; ma, ricevuto tale sommo beneficio, non dilatano il cuore in una confidenza completa nelle soddisfazioni di Cristo, e continuano a mantenersi nelle loro infondate trepidazioni.


XVI. Grazie accordate per la S. Comunione ben fatta.


Un altro giorno Geltrude, dopo di essersi comunicata, offerse a Dio il Corpo del Signore per il sollievo delle anime del Purgatorio, e comprese che quella sua oblazione le aveva considerevolmente confortate nelle loro pene cocenti. Rapita d'ammirazione esclamò: « O mio dolcissimo Signore! devo confessare per la tua maggior gloria che, nonostante la mia indegnità, ti degni d'onorarmi con la tua presenza e perfino fissare la tua dimora nell'anima mia! Perchè mai la S. Comunione non produce sempre quei felici risultati che mi hai permesso oggi di constatare?».

Rispose Gesù. « Un re nel suo palazzo non è accessibile a tutti: ma quando, nel santo trasporto dell'amore, si reca a visitare la regina, discendendo nel suo appartamento privato, allora tutti i cortigiani godono ampiamente delle regali munificenze e ricevono con gioia i benefici del sovrano. Così, quando cedo alla dolce bontà del mio Cuore, e mi abbasso a nutrire del divino Sacramento un'anima, esente da colpa mortale, tutti coloro che sono in cielo, in purgatorio e sulla terra ne ricevono benefici inestimabili ».


XVII. La SS. Comunione solleva le Anime del Purgatorio.


Un giorno, mentre Geltrude stava per comunicarsi, provò un bisogno immenso di sprofondarsi nell'abisso della sua miseria, e di nascondervisi totalmente per onorare l'ineffabile accondiscendenza del Signore che ciba i suoi eletti col suo Corpo e li inebria con il suo Sangue.

Ella comprese allora il sublime annientamento del Figlio di Dio, quando discese nel limbo per liberare le anime che ivi stavano prigioniere. Mentre si sforzava di unirsi a quell'ineffabile umiliazione, si trovò come immersa negli abissi del Purgatorio. Là, rinnovando i suoi sentimenti, comprese le parole che le diceva Gesù: « Con la S. Comunione ti attirerò a me in tal modo che tu trascinerai tutte le anime, a cui giungerà l'incomparabile profumo dei santi desideri che sfuggono così copiosamente da te».

Dopo d'aver accolto tale promessa Ella s'avvicinò alla mensa angelica, pregando il Signore di liberare tante anime del Purgatorio, quante erano le molecole dell'Ostia che aveva in bocca. E il Signore rispose: «Per farti capire che le mie misericordie sorpassano tutte le mie opere e che nessuna creatura può misurare l'abisso della mia bontà, ti assicuro che, per i meriti del Sacramento di vita, sono disposto ad accordarti molto di più di quanto hai chiesto».


XVIII. Meravigliosa unione con Gesù per mezzo dell'Ostia Consacrata.


Geltrude, dovendosi un giorno comunicare, si andava umiliando ancora più profondamente del solito, persuasa della sua indegnità. Ella pregò il Signore di ricevere in suo nome, l'Ostia Santa nella stessa sua persona, d'incorporarsela e di permettere in seguito che, per mezzo del suo soffio divino, ella ne aspirasse, di ora in ora, qualche virtù, nella misura ch'Egli crederebbe più conveniente alla sua debolezza. Riposò poi alquanto sul sacro petto del Salvatore, come raccolta nelle sue braccia divine e posta in modo che il suo lato sinistro sembrava applicato al lato destro di Gesù.

Poco dopo, essendosi levata, s'accorse che il suo lato sinistro aveva l'impronta vermiglia di una cicatrice insanguinata, ricevuta nel contatto dell'aperto Costato di Cristo.

Accostandosi poi alla S. Comunione, le parve che il Signore ricevesse con la sua bocca adorabile la Santa Ostia, la quale, attraversando il suo petto affiorò alla Piaga del Costato e ivi rimase. Gesù disse alla sua Sposa: « Questa Ostia ci unirà in modo che una parte coprirà la tua ferita, l'altra parte la mia. Ogni giorno tu toccherai quest'Ostia con grande divozione, meditando l'inno « Jesu nostra Redemptio » » (festa dell'Ascensione). In seguito le disse di prolungare tutti i giorni la preghiera per accrescere sempre più il desiderio del divin Sacramento; perciò le ingiunse di recitare quell'inno una volta il primo giorno, due ai secondo e così di seguito fino alla sua prossima Santa Comunione.