Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 13 giugno 2025 - Sant´Antonio da Padova (Letture di oggi)

Nella parabola del povero Lazzaro e ricco Epulone, alla fine c'è un rovesciamento della situazione: Lazzaro è consolato, invece il ricco è finito in mezzo ai tormenti. Tuttavia è sbagliato pensare al cristianesimo solo come la predica della vita eterna, che si dimentica della vita terrena. Ma la vita di quaggiù non può contenere tutta la pienezza della vita eterna perché essa è un contenitore troppo piccolo per poter contenere il cielo intero. Il cielo è vero solo se inizia qua sulla terra, altrimenti è una chimera. La fede non è una fuga dalla terra e dalle nostre responsabilità , ma è un voler entrare sempre più nel cuore della realtà . Nella nostra carità , qui ed ora, si gioca tutta l'eternità . (Don Nikola Vucic)

CAPITOLO XII. - MISTICA TRASFIGURAZIONE COMPIUTA DALLA GRAZIA


Mentre si cantava l'antifona: In lectulo meo etc. (Cantic. III) ove si trovano ripetute quattro volte queste parole: « Quem diligit anima mea - Colui che la mia anima predilige » ella comprese che l'anima fedele può cercare Dio in quattro modi diversi: Con le parole: « In lectulo meo per noctem quaesiiri quem diligit anima mea - Nel mio giaciglio, durante la notte, ho cercato Colui che amo» (Cant. III) ella comprese la prima via con cui si cerca Dio, che consiste nell'offrirgli continue lodi nel sacro riposo della contemplazione. L'antifona continua: « Quaesivi illum et non inveni - L'ho cercato e non l'ho trovato». Perché l'anima prigioniera nella carne mortale, non riesce a lodare Dio perfettamente.

La seconda maniera di cercare Dio le fu svelata in questo versetto: « Surgam et circuibo civitatem, per vicos et plateas, quaerens quem diligit anima mea » « Mi leverò, girerò intorno alla città, cercherò nelle vie e nelle piazze pubbliche colui che l'anima mia ama». Perchè l'anima percorre le vie e le piazze, cioè che studia con ringraziamenti di compensare i benefici divini prodigati alle sue creature; ma, non riuscendo a livellare i benefici con la gratitudine, aggiunge con ragione: « Quaesivi illum et non inveni ».

Nel terzo versetto: « Invenerunt me vigiles qui custodiunt civttatem - Coloro che vegliano per custodire la città, mi hanno incontrato», le diede modo di comprendere che gli avvisi della giustizia e della tenerezza di Dio, portano l'anima a concentrarsi in se stessa.

La sposa dei cantici dopo d'aver paragonato la bontà di Dio con la sua indegnità, incomincia a gemere, a fare penitenza de' suoi peccati e a sospirare la divina misericordia, dicendo: « Num quem diligit anima mea vidistis? » « Non avete visto colui che la mia anima ama? ». Non avendo nessuna fiducia ne' suoi meriti, si rivolge a Dio in atto di piena confidenza e trova il Diletto dell'anima sua, sia per fervente supplica, come per la luce della grazia.

Dopo il canto di quest'antifona, durante la quale aveva gustato consolazioni ineffabili, ella senti il cuore e tutte le sue membra così scosse dalla virtù divina, che le parve di venir meno: « O mio diletto Gesù, - disse Geltrude - ora posso proprio affermare che le profondità del mio essere, e tutte le mie membra hanno trasalito alla tua dolce venuta ». Rispose il Signore: « Conosco l'unzione divina che scorre da me e che in me ritorna, ma mentre vivi in carne mortale, non puoi capire la tenerezza di Dio che in te si è riversata. Desidero che tu sappia che, in forza di tale grazia, hai ricevuto una gloria che potrebbe paragonarsi a quella che rifulse nel mio Corpo al Monte Tabor. Nella dolcezza del mio amore posso quindi dire di te: « Hic est filius meus dilectus in quo miht bene complacui » (Matt. XVII, 5). « Costui è il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto »; perché la caratteristica di questa grazia è d'investire il corpo e l'anima del mio stesso meraviglioso splendore ».