CAPITOLO III. - MERITO DELLA SOFFERENZA

Un giorno venne rivelato a Geltrude che la naturale ripugnanza che noi
proviamo di fronte ai dolore, può darci un aumento di gloria. Verso la
Pentecoste provò un dolore così forte al fianco, che le persone
presenti avrebbero temuto vederla morire in quello stesso giorno, se
non avessero fatto esperienza che altre volte aveva superate
felicemente simili crisi. Il divino Consolatore ed Amante delle anime
volle allora istruirla nel modo seguente: disse che quando si sarebbe
trovata sola per la negligenza di coloro che avrebbero dovuto curarla,
Egli avrebbe supplito alla loro mancanza con la sua dolce presenza,
pegno d'ineffabili conforti. Ma se le attenzioni e le premure si
fossero moltiplicate intorno a lei, Egli si sarebbe nascosto con
aumento delle sue sofferenze.
Comprese allora Geltrude che più siamo abbandonati dagli uomini, più
Dio ci accarezza nella sua misericordia. Verso sera, essendo tormentata
dalla violenza del male, chiese un attimo di ristoro; il Signore,
alzando le braccia, le mostrò che portava sul suo petto, quasi
magnifico ornamento, tutte le sofferenze che aveva sopportato in quella
giornata. Tale monile le parve completo e senza difetto, e mentalmente
concluse che il male stava per finire. Ma Gesù, leggendole nel
pensiero, le disse: « Quello che soffrirai ancora, aumenterà lo
splendore dei mio gioiello ». Infatti il divino serto era ricco di
pietre preziose, ma tali pietre non avevano alcuno splendore. Fu allora
colpita da una specie di peste di forma benigna, durante la quale
sofferse di più per l'assenza di ogni consolazione che per la stessa
malattia.