Sotto il Tuo Manto

Venerdi, 5 settembre 2025 - Santa Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu) (Letture di oggi)

Filippo era a letto in seguito ad una crisi di renella. Lo assistevano due medici, Angelo da Bagnorea e Rodolfo Silvestro, quando ad un tratto il santo si alza a sedere gridando: Madonna mia benedetta! Madonna mia Santissima! Uno dei medici, scansa le cortine e vede Filippo che si rizza col corpo e si curva con la testa stendendo e ritirando le braccia come se volesse abbracciare qualcuno verso i piedi. Temendo per il male dell'infermo, tenta di calmarlo e si accinge a tenerlo fermo con forza. Filippo lo respinge piangendo e gridando: Lasciatemi stare, lasciatemi stare! Oh! non volete che abbracci la Benedetta Madre mia che mi viene a visitare? Tornando poco dopo al sentimento della presenza altrui, tutto vergognoso si nasconde singhiozzando sotto le lenzuola. Un'altra estasi rimasta famosa, avvenne nel 1559 quando Papa Paolo IV aveva ordinato di esaminare gli scritti di Fra Girolamo Savonarola. San Filippo, lo sappiamo, era della parte del frate. Così i Domenicani. Tra avversari e partigiani, l'accanimento era al parossismo. Mentre i teologi stavano a discutere, i devoti di fra Girolamo si radunavano in una stanza del Convento della Minerva che era in mano ai Domenicani, e li, davanti al Santissimo Sacramento esposto, pregavano continuamente il Signore che allontanasse dal frate il pericolo della condanna. Fu in una di queste riunioni che Filippo ad un certo punto viene preso da irrigidimento estatico. Lo si vede con gli occhi sbarrati e con una espressione di immensa gioia mentre fissa il Santissimo. Portato in una camera vicina, si attende che rinvenga. Rinviene finalmente dopo lungo tempo tutto lieto e pieno di fervore. Al Superiore del Convento che lo assediava di domande, finisce col far comprendere che aveva visto il Signore in atto di benedire i fedeli, assicurandolo che l'esito della controversia era stato favorevole a fra Girolamo. Di fatto le opere del Savonarola non furono condannate. Solo qualche proposizione fu censurata, ma il nome del frate era salvo. (San Filippo Neri)

CAPITOLO XIX: COME DIO RIEMPIE L'ANIMA DEL GIUSTO CHE LASCIA IL SUO CORPO


Quando l'anima esce dal suo corpo se è libera da ogni peccato così da poter subito entrare in cielo, nell'istante medesimo Dio la penetra con la sua virtù divina, tutta la riempie e prende un tal possesso dei suoi sensi che Egli diventa l'occhio per il quale l'anima vede, la luce per la quale vede, e la bellezza ch'essa vede. In tal modo, in una maniera meravigliosa e sommamente deliziosa, Dio nell'anima e con l'anima contempla sé medesimo e l'anima e tutti i Santi.
Egli è l'udito per il quale l'anima sente le parole di Dio piene di dolcezza ed amorevoli come la più materna tenerezza, e insieme la soave armonia di Dio e di tutti i Santi.
Parimenti in Dio l'anima sente e respira il soffio vivente e divino dei più soavi aromi, il quale da Lui emana e la vivifica per l'eternità.
Dio è il gustò dell'anima, per il quale Egli gusta nella medesima la dolcezza dì sé stesso.
Dio è ancora la voce e la lingua dell'anima, poiché nel modo più completo e più sublime loda sé medesimo nell'anima e per mezzo dell'anima.
Dio è pure il cuore dell'anima per rallegrarla e rapida, godendo Egli medesimo, nell'anima e con l'anima, delle proprie inèbrianti delizie.
Di più, Dio è la vita dell'anima in maniera che ogni azione dell'anima sembra fatta da Dio in lei.
Così nei Santi si trova adempito questo detto: Dio sarà tutto in tutti60. Le anime che non sono ancora purificate, dagli angeli ricevono la luce della conoscenza, l'assistenza e la consolazione nelle loro pene.

Le anime dei dannati, all'uscire dal loro corpo, sono invase dalle tenebre, dall'orrore, dal fetore, dall'amarezza, dalla pena intollerabile, dall'inesprimibile tristezza, dalla disperazione e dalla miseria infinita. Sono in sé medesime talmente corrotte e prive di ogni bene che, quantunque non avessero a cadere nell'inferno e nel potere del demonio, i tanti mali di cui sono in sé stesse ripiene sarebbero già una tortura sufficiente, perché fossero per sempre misere, infelici ed assolutamente prive di qualunque divino conforto.