CAPITOLO XVII: LE ORE CANONICHE

Quella pia Serva di Cristo; dopo aver sentito un giorno predicare su le
nozze, disse al Signore: “Ahimé! O mio tenero Sposo, quale sposa
infedele non sono mai io per Voi ogni giorno! Non vi ho mai dimostrato
il mio amore di sposa, come ne ero in dovere verso di Voi, mio vero
Sposo!”. Il Signore subito le comparve in una gloria ineffabile e
deliziosa, dicendo: “L'uso talvolta porta che dopo un viaggio dello
sposo in un lontano paese, al ritorno gli sposi rinnovino le loro nozze.
Bisogna che faccia così anch'io. Per l'anima che ama, un giorno solo
lontano da me è più penoso di mille anni di separazione per una sposa
della terra”. Egli pose dunque il suo divin Cuore sul cuore della sua
diletta, dicendole: “Oramai il mio Cuore è tuo e il tuo è mio”, e con un
dolce abbraccio in cui mise tutta la sua forza divina, attrasse
talmente quest'anima che non sembrava più che uno Spirito solo con Lui.
La
Santa disse ancora al Signore: “La sposa abitualmente produce dei
frutti per il suo sposo; qual frutto, o valoroso mio Sposo, potrò io
presentarvi?” - “Ogni giorno, rispose il Signore, mi darai sette frutti:
dapprima, durante la notte quando ti alzerai, per riverenza verso
l'amore che mi spinse carico di catene nelle mani degli empi e mi rese
obbediente fino alla morte; disporrai il tuo cuore ad obbedire in quella
giornata a tutto quanto
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ti sarà ingiunto, anche a costo di qualche atto eroico come ne fanno i Santi.
“Verso
Prima, per riverenza verso quella umiltà con la quale, come agnello
dolcissimo, mi lasciai trascinare davanti ad un giudice iniquo, ti
sottometterai, per causa mia, ad ogni creatura, pronta ad eseguire i
lavori più umili e vili.
“All'ora di Terza, per causa di quell'amore
per il quale volli essere disprezzato, sputacchiato e saziato di
obbrobri, ti stimerai degna di essere da tutti umiliata e vilipesa.
“All'ora
di Sesta, crocifiggerai il mondo a te stessa e te al mondo, pensando
ch'io, tuo Amante, per amor tuo fui inchiodato su la Croce; perciò le
delizie e le dolcezze del mondo siano per te amare come una croce.
“All'ora
di Nona, morrai al mondo e ad ogni creatura, dimodochè l'amarezza della
mia morte divenga per il tuo cuore talmente dolce che ogni creatura ai
tuoi occhi sia vile e disgustosa.
“Verso l'ora dei Vespri, in cui fui
deposto dalla Croce, penserai con. gioia, che dopo morte, per tutti i
tuoi travagli troverai nel mio seno un felice riposo.
“All'ora di
Compieta, parimenti, penserai a quella beatissima unione in cui,
divenuta con me uno spirito solo, con somma intimità godrai
perfettamente di me medesimo. Questa unione quaggiù incomincerà con la
concordia tra la mia volontà e la tua nella gioia come nelle
contrarietà, e giungerà al suo perfetto compimento, in quella gloria che
non avrà mai fine”.
Chi vuol devotamente cantare le Ore, stia
attento a tre cose. Dal principio sino ai salmi, lodi ed esalti l'abisso
di umiltà in cui dall'alto dei cieli la suprema Maestà si abbassò
scendendo in questa valle di miserie. Con tale umiltà il Dio degli
Angeli si fece fratello e compagno degli uomini; più ancora, si fece il
loro umile servitore, secondo quanto ha detto Lui medesimo: Non sono
venuto per essere servito, ma per servire (Matth. XX, 28). Per onorare
questa umiltà, si inchini con divozione.
Durante i salmi, esalti
l'inscrutabile Sapienza di Dio, la quale si degnò di conversare con gli
uomini e di istruirli Egli medesimo, con discorsi ed avvertimenti. Con
gli inchini gli renda grazie per la dottrina e le dolci parole emanate
dal suo Cuore, attraverso le sue divine labbra. Renda grazie ancora per
tutti gli oracoli dei Profeti, per le predicazioni ed i discorsi dei
Santi, avendo essi. parlato sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.
Ringrazi inoltre per ogni divina influenza esercitata su l'uomo dalla
grazia spirituale secondo il beneplacito della divina volontà.
Dopo i
salmi sino alla fine delle Ore, esalti la dolce benignità che si
manifestò in tutto ciò che il Signore fece e soffrì, e renda grazie per
tutti i desiderii, preghiere ed altre opere buone che Egli. compì per
gli uomini. Offra poi azioni di grazie in modo speciale per tutto ciò
che fece e soffrì in ciascuna delle ore.
Il Signore comparve una
volta alla sua Serva durante le ore del sonno. Ella gli domandò, tra
altre cose, se ciò che si dice dei vizi che non v'è peccato così
leggiero il quale non sia aggravato dall'abitudine, sia vero anche delle
virtù, dimodochè queste acquistino davanti a Dio maggior merito con la
pratica abituale.
Il Signore rispose: “Non v'è atto buono, per quanto
piccolo, che davanti a Dio non compaia grande, quando venga praticato
con costanza”.
L'anima ripigliò: “Quale sarebbe il minimo bene, nel quale l'uomo possa più frequentemente esercitarsi con profitto?”
Il
Signore disse: “Quello di recitare le Ore con attenzione e divozione;
non già che questo sia un atto di poco valore, ma perché il minor bene
che si possa fare è di adempiere il proprio dovere.
“Nel dar
principio alle Ore, si dica dunque col cuore ed anche con le labbra:
“Signore in unione con quella divina intenzione con cui su la terra Voi
in onore del Padre Vostro osservaste le Ore canoniche, io adempio questa
Ora in vostro onore”. Poi, per quanto si può, non si presti più
attenzione a nulla fuorché a Dio. E quando una tal pratica
frequentemente ripetuta sarà diventata un'abitudine, questo esercizio
sarà sì sublime e sì nobile davanti al Padre mio, che sembrerà uno
stesso esercizio insieme col mio”.
In seguito, il Signore essendole
ancora comparso nella orazione, ella gli domandò se davvero Egli avesse
celebrato le Ore su la terra. Il Signore si degnò di rispondere: “Non le
recitai al vostro modo; tuttavia in quelle ore, io rendevo omaggio a
Dio Padre. Tutto quanto si osserva dai Cristiani, lo inaugurai io
medesimo, come, per esempio, il Battesimo. Osservai e compii queste cose
per i cristiani, santificando così e rendendo perfette le opere dI
quelli che credono in me. Perciò dissi a mio Padre: Mi santifico per
loro, affinché essi pure siano santi in me (Joan., XVIII, 19).
“Nelle
sette Ore canoniche, voi fate memoria di ciò che. soffrii in quelle Ore
medesime: io pure, nella mia sapienza, prevedevo tutto ciò che dovevo
soffrire, come attesta l'Evangelista dicendo: Perciò Gesù sapendo tutto
ciò che doveva accadergli (J. XVIII, 4)”.
Pregando per una
persona che si doleva con lei di dire sovente le Ore senza divozione e
con distrazioni, Metilde ricevette da Dio questa risposta: “Aggiunga
sempre in fine delle Ore queste parole: Signore, siate propizio a me
peccatore, oppure queste: Agnello dolcissimo, abbiate pietà di me: con
l'intenzione di riparare in questo modo la sua negligenza”.
Metilde
ripigliò: “Ma se dimenticasse di osservare questa pratica in fine di
ciascuna Ora?” Il Signore rispose: “Se non si ricorda di dire questa
preghiera dopo tutte le Ore, la dica almeno sette volte al giorno, non
importa in qual momento, onde supplire alle sue negligenze.
“Se
queste parole: Signore, siate propizio a me peccatore ebbero tanta
efficacia da meritare al pubblicano la remissione di tutti i suoi
peccati, perché non otterrebbero a chiunque il perdono delle sue
negligenze? La mia Misericordia non è forse oggidì tanto clemente come
in quel tempo?”