CAPITOLO XIX: NELLA SECONDA FESTA DI PASQUA

Nel secondo giorno di Pasqua, mentre si leggeva il Vangelo: Rimanete con
noi, quella divota vergine disse al Signore: “O mia unica dolcezza,
dimorate con me, ve ne prego, perché il giorno della mia vita declina
verso la sera”.
“Io resterò con te, replicò il Signore, come un padre
col suo figlio, ti farò parte della celeste eredità che ti acquistai
col mio prezioso sangue, e di tutto ciò. ch'io feci per te su la terra
durante trentatrè anni: tutto questo lo riceverai in proprietà:
“Resterò
ancora con te come un amico col suo amico: chi ha trovato un amico
fedele, presso di lui cerca un rifugio in tutte le sue. necessità e non
lo abbandona punto; così in me che sono l'amico fedele, troverai un
rifugio sicuro; nella tua debolezza tu potrai sempre affidarti a me, ché
in tutto fedelmente ti aiuterò.
“Dimorerò pure con te come lo sposo
con la sua sposa: fra loro non può esservi separazione se non in caso di
infermità; orbene, se ti infermerai, io che sono il più perito dei
medici ti guarirò dei tuoi mali; epperò tra noi non vi sarà mai
separazione, ma indissolubile ed eterna unione.
“Infine, resterò con
te come un viandante col suo compagno; se uno dei due porta un carico
troppo pesante, subito l'altro gli porge la mano e ne divide con lui il
peso: io pure sarò così assiduo a portare con te tutti i tuoi carichi
che ti sembreranno sempre leggieri”.
Metilde allori si ricordò che il
Signore altra volta le aveva detto: “Ti dono l'anima mia come compagna e
come guida: in essa tu puoi aver fiducia; se sarai triste, ti
consolerà, e sarà per te in ogni occasione una amica fedele”. Disse
dunque al Signore: “Ahimé! mio Signore, vita dell'anima mia e mia
dolcissima guida, perdonatemi, perché troppo raramente ho associato alle
mie opere questa nobilissima compagna, né in tutte le cose mie ho
ricercato come dovevo il suo aiuto!”.
“Ti perdono, ripigliò il
Signore, e l'anima mia resterà con te sino al termine della tua vita.
Allora ti riceverà, ti darà i medesimi sentimenti con cui morendo su la
Croce raccomandai lo spirito mio nelle mani del Padre mio, e in tale
unione ti présenterò al Celeste Padre”.
Dopo questa promessa del suo
Diletto, Metilde si mise a pregare per una sua amica fedele, affinché il
Signore le facesse parte di questi medesimi beni. E in quell'istante
vide quella persona in presenza di Cristo il quale le prendeva le mani e
le conferiva la proprietà di tutti quei beni.
Essendo inoltre
dal proprio cuore portata a lodare altamente il Signore per tutti questi
benefizi, lo pregò che preparasse alla sua celeste famiglia qualche
magnifico banchetto. Incontanente vide i preparativi di uno splendido
convito, e il Signore vestito di un abito nuziale di color verde
cosparso di rose d'oro. Egli le diceva: “Io sono una rosa nata senza
spine, eppure da quante spine non fui io ferito!”.
La famiglia celeste del Signore portava vesti simili a quelle del Signore medesimo.
Essendo
le nozze preparate, il Signore domandò: “Chi vuol tenere il posto del
giullare?” E subito prendendo l'anima di Metilde nelle sue divine mani
la fece danzare.
A quella vista i commensali ne provarono un nuovo
aumento di gaudio e ringraziarono il Signore della graziosa amabilità
che dimostrava verso quell'anima; ma Metilde stringendo il suo Diletto
con abbracciamenti d'intima carità, lo condusse davanti alla mensa
d'egli invitati e vide allora una luce di uno splendore meraviglioso che
emanando dalla divina faccia di Cristo, illuminava tutta la Corte
celeste e si diffondeva in tutte le coppe di quella mensa regale.
In
tal modo lo splendore dell'amabile faccia del Signore era la sazietà
degli eletti, la loro gioia e la loro voluttà; perché in se stesso il
Signore dona loro una sazietà senza noia, una gioia senza fine, con
eterni trasporti di allegrezza.
Al dolce Figlio della Vergine siano lode ed onore per un tal, banchetto!