Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 16 giugno 2025 - Sant´ Aureliano (Letture di oggi)

Sulpizia Sirleti, una penitente di san Filippo, assistendo un giorno ad una Messa del Santo, lo vide all'improvviso alzarsi da terra circa un palmo e rimanere sospeso in quella posizione. Stupita e per nulla convinta che si trattasse di un fatto miracoloso e soprannaturale, pensò dentro di sé che si trattasse di un intervento diabolico. «Questo padre deve essere spiritato», si disse. Ma quasi subito si riprese e, riflettendo sul suo atto, incominciò a vergognarsi di aver avuto un pensiero così irriverente e decise di andarsi a confessare. Ella stessa ci ha lasciato la descrizione della scena avvenuta al confessionale, e la trascriviamo perché è molto gustosa. “Cominciai racconta Sulpizia Sirleti, a dire a mezza bocca: Padre, ho detto... e poi mi vergognavo a seguitare; allora il beato Filippo mi disse: Balorda, hai mormorato di me, è vero? Ed io risposi: Padre, sì. Ed il beato Filippo disse: Di' su, che cosa hai detto? Ed io dissi: Padre vi ho veduto alto da terra mentre dicevate la Messa. Ed il beato Filippo rispose subito: Sta' cheta, mettendosi la mano alla bocca. Ed io dissi che avevo detto nel cuor mio: Ahimè, deve essere spiritato questo padre. Allora il beato Filippo fece un volto sorridente e mi disse: E' vero, è vero. sì che son spiritato, si che sono spiritato... Così era Filippo. Se veniva a sapere che qualcuno pensava male di lui gli dava piena ragione. Guai invece a lodarlo. Anche quando guariva ammalati con un suo comando o con l'uso di reliquie di Santi e gli altri lo esaltavano, egli se ne lagnava con queste espressioni: Sono un uomo come gli altri. Vogliono anche dire che io faccio miracoli. Ho pregato di continuo il Signore che non operasse miracoli per mezzo mio. Però se ve n'è stati alcuni, si devono attribuire, dopo Dio, non certo a me, ma alla fede di coloro che li hanno ricevuti. Con questi sentimenti di umiltà  è chiaro che non volesse sentire parlare di onorificenze. Ma con la fama che godeva ovunque e soprattutto con le amicizie che si era acquistato, anche senza ricercarle, nelle alte sfere ecclesiastiche, le proposte per le massime onorificenze non potevano mancare. Ecco, ad esempio, come venne proposto per il cardinalato. Il Cardinale Ippolito Aldobrandini aveva preso un gusto matto alla compagnia di San Filippo e tutte le volte che i suoi impegni lo permettevano, correva nella stanza del Santo a passare un po' di tempo in serenità  con la più completa familiarità . Pensate se questo Cardinale non faceva insistenze perché l'opera di San Filippo, già  riconosciuto come l'apostolo di Roma, avesse un premio, fosse pur solo un titolo onorifico! Difatti, appena eletto Papa, alla prima udienza concessa a San Filippo, gli disse subito: Ora sì che non potrete sfuggire al Cardinalato! Filippo, che non aveva mai voluto sentir parlare di onori, evitò di rispondere e cercò subito una scusa per congedarsi, temendo che il Pontefice, come già  il suo predecessore, volesse insistere su quell'argomento. Non mancarono le temute istanze; ma alla fine il Papa, non volendo affliggere inutilmente il venerando amico, non gliene parlò più, anche se grande era il desiderio di innalzare alla porpora quell'umile prete che avrebbe apportato maggior decoro al Sacro Collegio dei Cardinali. I Padri dell'Oratorio, invece, sembra che accarezzassero la speranza che un giorno o l'altro Filippo avrebbe accettato l'onore per il bene della Congregazione. Ma egli era saldo nella sua rinuncia ed insensibile ad ogni più affettuosa e viva sollecitudine degli amici e dei discepoli. La sera stessa che Clemente VIII gli aveva offerto il cappello cardinalizio, si racconta che venne a trovarlo nella sua camera Bernardino Corona, un gentiluomo del Cardinal Sirleto che ora stava al servizio dell'Oratorio e accudiva alle faccende di cucina. Bernardino, gli disse Filippo sorridendo, il Papa mi vuol far Cardinale. Che te ne pare? Bernardino subito gli rispose che accettasse, che sarebbe stato un grande vantaggio, anche per la Congregazione. Ma Filippo, senza neanche lasciarlo finire, Paradiso! Paradiso!... E buttando in aria la sua berretta, continuò tutto allegro: Paradiso! Paradiso! Paradiso!... Questa spontanea e vivace invocazione all'unica, vera e desiderabile gloria che possa far gola ad un vero cristiano, divenne così celebre fra i discepoli di Filippo da essere da quel momento in poi la loro divisa, il loro motto per vincere ogni voce di vanità  o di orgoglio nella vita: « Paradiso! Paradiso!... » (San Filippo Neri)

34-1 Dicembre 2, 1935 Come la Divina Volontà dardeggia la creatura e vi forma la nobiltà Divina, e facendola d’Attore rende inseparabile Dio e la creatura. Esempio, il sole.


(1) Mio Re d’amore Gesù e mia Regina Mamma mia Divina, deh! intrecciate la mia volontà con la vostra e fatene una sola, anzi chiudetemi nei vostri cuori, affinché scriva non fuori di voi, ma o dentro del cuore del mio Gesù, o nel grembo della mia Madre Celeste, affinché possa dire: “E’ Gesù che scrive e la mia Mamma che mi imbocca le parole”. Perciò aiutatemi e datemi grazia di vincere la grande ripugnanza che sento, nell’incominciare un’altro volume, voi che sapete il povero mio stato, sento il bisogno d’essere sostenuta, fortificata e tutta rinnovata dalla Potenza del vostro Fiat Divino per poter fare in tutto e sempre la vostra Divina Volontà.

(2) Onde mi sentivo immersa nel Voler Divino, il quale prendeva aspetto d’Attore, per poter entrare nei più intimi ripostigli dell’anima mia, e formare il suo atto operante in me; io sono rimasta sorpresa, ed il mio dolce visitando la piccola anima mia, tutto bontà mi ha detto:

(3) “Figlia mia benedetta, quando la creatura fa e vive nella Divina Volontà, il nostro Essere Supremo la dardeggia con la sua luce continuamente, le dardeggia la mente e vi getta in essa la nobiltà dei pensieri divini, in modo che sente nella sua intelligenza, memoria e volontà, la Santità, il ricordo del suo Creatore, l’Amore, la Volontà di Colui che facendole d’Attore forma in essa l’ordine, la Sapienza Divina, dardeggiandola vi getta coi suoi baci di luce la Sostanza Divina nella sua mente, in modo che tutto è nobile, tutto è santo, tutto è sacro in essa. Questo Attore del mio Volere, formando la sua sede nella intelligenza creata, con la sua Potenza e maestria vi forma la sua immagine; le dardeggia il cuore e forma la nobiltà dell’amore, dei desideri, degli affetti, dei palpiti; dardeggia la bocca e forma la nobiltà delle parole; dardeggia le opere ed i passi e forma le opere sante, la nobiltà dei passi; e non solo dardeggia l’anima, ma anche il corpo, e con la sua luce investe il sangue e lo nobilita, in modo che la creatura si sente scorrere nel suo sangue, nelle sue membra la pienezza, la santità, la sostanza della Nobiltà Divina. Quest’Attore della mia Divina Volontà prende l’ufficio d’Artefice insuperabile, di trasformare Dio nella creatura, e la creatura in Dio. Quando la mia Volontà è giunta a questo, ch’è l’atto più grande che può fare, - cioè di formare di Dio e della creatura una sol vita, rendendoli inseparabili l’uno dall’altro -, si riposa nell’opera sua e vi sente tale felicità, perché ha vinto la creatura, ha formato il suo lavoro in essa, e ha compiuto la sua Volontà. Allora pare che dice nell’enfasi del suo amore: “Ho fatto tutto, non mi resta altro che possederla e amarla”.

(4) Io sono restata impensierita nel sentir ciò, ed il mio amabile Gesù ha soggiunto:

(5) “Figlia mia, perché ne dubiti? Non lo fa anche il sole questo ufficio: Come dardeggia il fiore con la sua luce, così le dà la sostanza del colore e del profumo; come dardeggia il frutto, così l’infonde la dolcezza ed il sapore; come dardeggia le piante, così 35[1] Questo libro è stato copiato direttamente dal originale manoscritto di Luisa Piccarreta comunica a ciascuna la sostanza, gli effetti che ad esse ci vuole. Se ciò lo fa il sole, molto più la mia Volontà Divina che tutto può, e tutto sa fare, e come il sole va trovando il seme per dare ciò che possiede, così la mia Divina Volontà va trovando le disposizioni delle creature che vogliono vivere di mia Volontà, che subito la dardeggia e vi comunica la sostanza e Nobiltà Divina, e forma e fa crescere la sua Vita”.