Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 16 giugno 2025 - Sant´ Aureliano (Letture di oggi)

La sofferenza, per l'anima, è come certe medicine, le quali, mentre ti cu­rano, ti preservano allo stesso tempo anche dalle malattie del corpo; o come la pietra di paragone, che ti indica il progresso fatto nel cammino della virtù e della perfezione. (Massime di perfezione cristiana)

23-13 Novembre 6, 1927 Chi vive nella Divina Volontà non scende dalla sua origine e gli è dovuto lo stato di regina; invece chi vive fuori di Essa vive nello stato di servo. Differenza che porta all’uno e all’altro il regno della Redenzione. Come chi vive nella Divina Volontà saranno i primi innanzi a Dio. Come la croce maturò il regno della Redenzione. Come in ogni verità corre dentro una vita Di


(1) Stavo seguendo il Voler Divino accompagnando tutti gli atti che il mio dolce Gesù aveva fatto stando sulla terra, Lui me li faceva presenti, ed io l’investivo col mio ti amo e gli chiedevo coi suoi stessi atti il regno del Fiat Divino, e lo pregavo che applicasse all’anima mia tutto ciò che aveva fatto nel regno della Redenzione, per darmi grazia di vivere sempre nel suo Volere Divino, ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, chi vive nella mia Divina Volontà non scende dalla sua origine, e siccome tutto fu creato per chi doveva vivere in Essa, tutti i beni della Creazione sono i suoi, che sono più estesi dei beni della Redenzione, perché chi si mantiene nello stato d’origine col vivere nel Fiat Supremo, gli è dovuto lo stato di regina e come regina conviene che possieda, molto più ch’è regina che abita nel regio palazzo del nostro Volere, quindi le conviene che possieda regni, soli, cieli, mari, e che lo stesso Re faccia vita insieme con lei, felicitando la sua regina e lei felicitando il suo Re. Ecco perciò che i beni della Creazione dovevano essere più estesi, altrimenti come poteva essere stato di regina, se non aveva dominio e regni da dominare? Invece col non vivere nel nostro Volere Divino, l’anima scende dalla sua origine, si snobilita e si mette nello stato di servo, quindi non gli si convengono regni ed imperi. Molto più che Io nella Redenzione venni sulla terra per risuscitare l’uomo dallo stato di morte, per sanarlo, per dargli tutti i rimedi possibili, per farlo ritornare di nuovo nel suo stato primiero della sua origine, sapendo che se lui ritornava nel nostro Volere, da donde ne uscì, già stava preparato per mantenerlo nello stato regale di dominante. Anzi tu devi sapere che chi vive o vivrà in Esso, gli atti che Io feci nella Redenzione li serviranno non di rimedi ma di felicità, di gioia e come il più bello ornamento nel palazzo regio della mia Volontà, perché tutto ciò che Io feci, non fu altro che parto suo, le sue viscere misericordiose mi partorirono nel grembo della mia Umanità tutti gli atti che Io feci nel venire sulla terra, onde è giusto che come roba sua servano d’ornamento a Sé stessa. Onde in tutto ciò che Io feci stando sulla terra, se pregavo, se parlavo, se pativo, se benedivo i fanciulli, andavo rintracciando i figli miei, i figli della mia Volontà Divina, per dare a loro il primo atto, la roba che a loro apparteneva, la felicità che contenevano, e poi li davo in rimedio ai figli sventurati della colpa, servi della volontà umana, per la loro salvezza. Perciò tutti gli atti miei correvano come atto primo a chi doveva vivere nel Supremo Volere, come al loro centro di vita. Onde chi vive in Esso può dire: “Tutto è mio”. Ed Io dico: “Tutto è tuo”.

(3) Dopo di ciò, pensavo tra me: “Se il Fiat Divino tiene il suo atto primo, in modo che nessun’altro atto può dire, sono atto primo di Esso, come potranno trovarsi innanzi a Dio come atto primo coloro che verranno dopo a vivere in Esso se già stanno i primi?” Ed il mio divino Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, per chi vive o vivrà nel mio Volere, tutti saranno come atto primo innanzi a Dio, perché Esso tiene un’atto solo, un’atto incessante, che parte sempre dal primo atto, ed in virtù di questo solo atto ed incessante eleva tutti gli atti fatti in Esso al primo suo atto, in modo che tutti coloro che vivranno nel mio Volere si troveranno nel suo atto solo, e tutti come primo innanzi alla Maestà adorabile. Quindi nella mia Volontà Divina non ci sarà né primo né dopo, ma tutti fusi insieme in un’atto solo; che onore, che gloria, poter tenere il posto la creatura in quest’atto solo della Volontà del suo Creatore, da cui come sorgente scaturiscono tutti i beni, tutte le felicità possibili ed immaginabili”.

(5) Onde continuando a seguire gli atti del mio amato Gesù, mi son fermata quando ricevette la croce, che abbracciatela con tutta la tenerezza del suo amore se la mise sulle sue spalle per portarla al Calvario, e Gesù ha soggiunto:

(6) “Figlia mia, la croce maturò il regno della Redenzione, lo completò e si mise a custodia di tutti i redenti, in modo che se si fa custodire dalla croce, riceve in sé gli effetti che contiene un frutto maturato, che contiene gusto, dolcezza e umore vitale, e gli fa sentire tutto il bene della Redenzione, in modo che essa matura insieme col frutto della croce, e si dispone a ritornare nel regno della mia Volontà, perché la croce maturò anche il regno della mia Volontà. Difatti, chi ha disposto te a farti vivere in Essa? Non è stato forse la croce di tanti anni che ti maturò come un bel frutto, ti tolse tutti i gusti acerbi che contiene la terra, tutti gli attacchi delle creature e te li converte in dolcezze divine, mettendosi la croce a guardia affinché nulla entrasse in te che non fosse santo, che non desse di Cielo? La croce non ha fatto altro, che facendoti scorrere in te tutti gli umori vitali, formava in te il tuo Gesù, ed il tuo Gesù, trovandoti matura, formava il regno della sua Volontà Divina nel fondo dell’anima tua, e atteggiandomi a maestro con tutto amore ti parlavo e ti parlo di Essa, ti ho insegnato le sue vie, la vita che devi tenere in Essa, i prodigi, la potenza e la bellezza del regno mio. Tu devi sapere che ogni qualvolta il tuo Gesù si decide di manifestare una verità, è tanto l’amore ad essa, che biloco la mia stessa Vita in ciascuna verità che Io manifesto, per fare che ciascuna verità tenga la potenza di formare una Vita Divina nelle creature. Vedi dunque che significa manifestarti una verità di meno o una verità di più, mettere fuori una Vita Divina a repentaglio, metterla in pericolo, perché se non viene conosciuta, amata e apprezzata, è una Vita Divina che non riceve il suo frutto e che non riceve gli onori che gli convengono. Ecco perciò amo tanto le verità che manifesto, perché è Vita mia che corre dentro, e amo tanto che siano conosciute.

(7) Com’è ben diverso il mio operato da quello delle creature, se esse parlano, insegnano, operano, non restano la vita loro nella parola e nell’opera, perciò non si dolgono tanto se le loro parole e opere non hanno i loro frutti, invece Io mi dolgo assai, assai, perché è Vita che faccio correre in ciò che Io manifesto”.