Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 16 giugno 2025 - Sant´ Aureliano (Letture di oggi)

Apri il Vangelo e leggi le mie promesse. Alle mie pecorelle ho promesso: « Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà  dalla mia mano » (Gv 10,28). Hai capito, Consolata? Nessuno può strapparmi un 'anima. Ma leggi ancora: « Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio » (Gv 10,29). Consolata, hai capito? Nessuno può strapparmi un anima... in eterno non periranno... perché Io do ad esse la vita eterna. Per chi ho pronunciato queste parole? Per tutte le pecore, per tutte le anime. Perché allora l'insulto: « chissà  se mi salverò? » se Io nel Vangelo ho assicurato che nessuno può strapparmi un anima e che Io a quest'anima do la vita eterna e quindi non perirà ? Credimi; Consolata, che all'inferno va chi vuole, cioè chi vuole veramente andarvi; perché se nessuno può strapparmi un'anima dalle mani; l'anima, per la libertà  concessale, può fuggire, può tradirmi; rinnegarmi e passare quindi di propria volontà  al demonio. Oh, se invece di ferire il mio Cuore con queste diffidenze, pensaste un pò più al Paradiso che vi attende! Perché non vi ho creati per l'inferno ma per il Paradiso, non per andare a far compagnia al demonio ma per godermi nell'amore eternamente. Vedi; Consolata, all'inferno ci va chi vuole andarvi... Pensa come è stolto il vostro timore di dannarvi: dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio Sangue, dopo che per un 'intera esistenza l'ho circondata di grazie, di grazie e di grazie... all'ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione e quindi quest'anima sta per amarmi eternamente, Io, proprio Io che nel santo Vangelo ho promesso di dare ad essa la vita eterna e che nessuno me le strapperà  di mano. Me la lascerò rubare dal demonio, dal mio peggiore nemico? Ma, Consolata, si può credere a questa mostruosità ? Vedi; l'impenitenza finale l'ha quell'anima che vuole andare all'inferno di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia misericordia, perché io non rifiuto mai il perdono a nessuno; a tutti offro e dono la mia immensa misericordia; perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l'anima, perché Io li perdono se essa si pente, ma è l'ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare. San Disma, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me e tanti e tanti peccati; ma in un istante è perdonato e lui; nel giorno stesso del suo ravvedimento, entra a possedere il mio Regno ed è un Santo! Vedi il trionfo della mia misericordia e della confidenza in Me! No, Consolata: il Padre mio che Me le ha date, le anime, è più grande e potente di tutti i demoni; sai! E nessuno può rapirle di mano al Padre mio. O Consolata, tu confida, confida sempre; credi ciecamente che Io adempirò tutte le grandi promesse che ti ho fatte, perché Io sono buono, sono immensamente buono e misericordioso e « non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva » (Ez 33,11). (Suor Maria Consolata Betrone)

16-40 Gennaio 14, 1924 Nella flagellazione, Gesù volle essere spogliato per dare di nuovo alla creatura le veste regale della Divina Volontà.


(1) Stavo accompagnando il mistero della flagellazione, compatendo il mio dolce Gesù quando si vide così confuso in mezzo a nemici, spogliato delle sue vesti, sotto una tempesta di colpi, ed il mio amabile Gesù, uscendo dal mio interno nello stato in cui si trovava quando fu flagellato mi ha detto:

(2) “Figlia mia, vuoi tu sapere la causa perché fui spogliato quando fui flagellato? In ogni mistero della mia Passione, prima mi occupavo di rinsaldare la rottura tra la volontà umana e la Divina, e poi alle offese che produsse questa rottura. Onde, l’uomo quando nell’eden spezzò i vincoli dell’unione tra la Volontà Suprema e la sua, si spogliò delle vesti regali della mia Volontà e si vestì dei miseri cenci della sua, debole, incostante, impotente a far nulla di bene. La mia Volontà gli era un dolce incanto in cui lo teneva assorbito in una luce purissima, che non gli faceva conoscere altro che il suo Dio, da cui era uscito, il quale non gli dava altro che felicità senza numero, ed era tanto assorbito dal tanto dare che gli faceva il suo Dio, che non si dava nessun pensiero di sé stesso. Oh! come era felice l’uomo, e come la Divinità si dilettava nel dare a lui tante particelle del suo Essere per quanto la creatura ne può ricevere, per farlo simile a Sé. Onde, non appena spezzò l’unione della nostra Volontà con la sua, perdette la veste regale, perdette l’incanto, la luce, la felicità; guardò sé stesso senza la luce della mia Volontà, e guardandosi senza l’incanto che lo teneva assorbito, si conobbe, ebbe vergogna, ebbe paura di Dio, tanto che la stessa natura sentì i suoi tristi effetti, sentì il freddo e la nudità, e sentì il vivo bisogno di coprirsi, e come la nostra Volontà lo teneva al porto di felicità immense, così la sua lo mise al porto delle miserie. La nostra Volontà era tutto per l’uomo, ed in Essa trovava tutto; era giusto che essendo uscito da Noi e vivendo come un nostro tenero figlio nel nostro Volere, vivesse del nostro, e questo Volere doveva sostituirsi a tutto ciò che a lui occorreva; quindi, come volle vivere del suo volere, ebbe bisogno di tutto, perché il volere umano non tiene potere di potersi sostituire a tutti i bisogni, né tiene in sé la fonte del bene, perciò fu costretto a procurarsi con stento le cose necessarie alla vita. Vedi dunque che significa non stare unito con la mia Volontà? Oh! se tutti la conoscessero, come avrebbero un solo sospiro: che il mio Volere venga a regnare sulla terra. Sicché se Adamo non si fosse sottratto dalla Volontà Divina, anche la sua natura non avrebbe avuto bisogno di vesti, non avrebbe sentito la vergogna della sua nudità, né sarebbe stato soggetto a soffrire il freddo, il caldo, la fame, la debolezza, ma queste cose naturali erano quasi nulla, erano piuttosto simboli del gran bene che aveva perduto la sua anima.

(3) Onde figlia mia, prima d’essere legato alla colonna per essere flagellato, volli essere spogliato per soffrire e riparare la nudità dell’uomo quando si spogliò della veste regale della mia Volontà; sentii in Me tale confusione e pena nel vedermi così denudato in mezzo a nemici che si facevano beffe di Me, che piansi per la nudità dell’uomo e offrii al mio Celeste Padre la mia nudità, per fare che l’uomo fosse rivestito di nuovo della veste regale della mia Volontà, e per sborso, affinché ciò non mi fosse negato, offrii il mio sangue, le mie carni strappate a brani, mi feci spogliare non solo delle vesti, ma anche della mia pelle, per poter pagare il prezzo e soddisfare al delitto di questa nudità dell’uomo; versai tanto sangue in questo mistero che in nessun altro ne versai tanto, tanto che bastava a coprirlo come d’una seconda veste, e veste di sangue per coprirlo di nuovo, così riscaldarlo, lavarlo, per disporlo a ricevere la veste regale della mia Volontà”.

(4) Io nel sentir ciò, sorpresa ho detto: “Mio amato Gesù, come mai può essere possibile che l’uomo col sottrarsi dalla tua Volontà, ebbe bisogno di vestirsi, ebbe vergogna, paura? Eppure Tu facesti sempre la Volontà del Celeste Padre, eri una sola cosa con Lui; la tua Mamma non conobbe mai il suo volere, eppure aveste bisogno di vesti, di cibo, e sentiste il freddo ed il caldo”.

(5) E Gesù ha soggiunto: “Eppure figlia mia è proprio così. Se l’uomo sentì vergogna della sua nudità e fu soggetto a tante miserie naturali, fu proprio appunto perché perdette il dolce incanto della mia Volontà, e sebbene il male lo fece l’anima, non il corpo, ma però indirettamente fu come complice della cattiva volontà dell’uomo, la natura restò come profanata dal mal volere dell’uomo, quindi l’una e l’altro dovevano sentire la pena del male fatto. In riguardo a Me, certo che feci sempre la Volontà Suprema, ma Io non venni a trovare l’uomo innocente, l’uomo prima che peccasse, ma venni a trovare l’uomo peccatore e con tutte le sue miserie, e dovetti accomunarmi con loro, prendere su di Me tutti i loro mali e assoggettarmi alle necessità della vita, come se fossi uno di loro. Ma in Me c’era questo prodigio, che se il volessi, di nulla avevo bisogno, né di vesti, né di cibo, né di altro. Ma non volli servirmene per amore dell’uomo, volli in tutto sacrificarmi, anche nelle cose più innocenti create da Me stesso, per attestargli il mio ardente amore, anzi ciò serviva ad impetrare dal mio Divino Padre, che per riguardo mio e della mia volontà tutta sacrificata a Lui, restituisse all’uomo la nobile veste regale della nostra Volontà”.