7-62 Novembre 6, 1906 La fede e la speranza dell’anima che vive nel Divino Volere.

(1) Mentre stavo pregando, e secondo il mio solito al più ciò che faccio, lo faccio come se lo stessi facendo con Nostro Signore e con le sue stesse intenzioni, onde stavo recitando il credo, e non avvertendo io stessa, stavo dicendo che intendevo di avere la fede di Gesù Cristo, per riparare tante miscredenze, e per impetrare che tutti avessero il dono della fede; in questo mentre si è mosso nel mio interno e mi ha detto:
(2) “Tu sbagli, Io non ci avevo né fede e né speranza, né ne potevo avere, perché ero lo stesso Dio, Io ero solo amore”.
(3) Nel sentire amore, mi piaceva tanto poter essere solo amore, che non badando ho detto un altro sproposito, cioè: “Signore mio, vorrei essere anch’io come Te, tutto amore, e niente altro”. E Lui ha soggiunto:
(4) “Questa è la mia mira, perciò ti vado spesso parlando della perfetta rassegnazione, ché vivendo del mio Volere l’anima acquista l’amore più eroico, e giunge ad amarmi col mio stesso amore, e diventa tutt’amore, e diventando tutt’amore, sta a mio continuo contatto, sicché sta con Me, in Me, e per Me fa tutto ciò che voglio, né si muove, né desidera che il mio Volere, dove c’è racchiuso tutto l’amore dell’Eterno, e dove resta essa racchiusa, e vivendo in questo modo l’anima giunge quasi a sperdere la fede e la speranza, perché giungendo a vivere del Volere Divino, l’anima non si sente più a contatto della fede e della speranza, se vive del suo Volere, che cosa deve credere se l’ha trovato e ne fa suo cibo? E che cosa deve sperare se già lo possiede, vivendo non fuori di Dio ma in Dio? Perciò la vera e perfetta rassegnazione è il suggello della sicura predestinazione, ed il possesso certo che l’anima prende di Dio. Hai capito? Pensaci bene”.
(5) Io sono restata come incantata e dicevo tra me: “Niente meno si può giungere a questo?” E quasi dubitavo e dicevo: “Forse ha voluto tentarmi per vedere ciò che faccio io, e darmi campo a dire più spropositi, e farmi vedere dove giunge la mia superbia; ma però è buono a dire qualche sproposito, almeno si spinge a dire qualche cosa, e si ha il bene di sentire la sua voce, che fa ritornare di morte a vita”. E pensavo che altro sproposito potrei dire. In questo mentre si è mosso di nuovo ed ha replicato:
(6) “Tu vuoi tentarmi, non Io, e poi finisci col dubitare delle mie verità”.
(7) Ed ha fatto silenzio. Io mi sentivo confusa ed andavo pensando a ciò che mi aveva detto, ma chi può dirle tutte, sono cose che non si possono esprimere.