7-55 Ottobre 16, 1906 Come ogni beato è una musica distinta nel Cielo.

(1) Avendo lasciato di scrivere ciò che segue, l’ubbidienza mi ha comandato che lo facessi, onde mi pareva di trovarmi fuori di me stessa, e pareva che in Cielo si facesse festa speciale, ed io ero invitata a questa festa e pareva che cantavo cogli stessi beati, perché là non c’è bisogno che s’impari, ma vi sentite come un’infusione dentro l’interno, e ciò che cantano o fanno gli altri, sapete fare voi medesimo. Or mi pareva che ogni beato è un tasto, ossia una musica lui stesso, ma tutti concordi tra loro, ma uno diverso dall’altro: Chi canta le note della lode, chi le note della gloria, chi del ringraziamento, chi delle benedizioni, ma però tutte queste note vanno a riunirsi in una sola nota, e questa nota è amore. Pare che una sola voce riunisce tutte quelle voci e finisce con la parola amore. E’ un risuonare tanto dolce e forte questo grido, amore, che tutte le altre voci restano come spente in questo cantico, amore. Pareva che tutti i beati restavano da questo grido o canto, amore, alto, armonioso, bello che assordava tutto il Cielo, estatici, assonnati, svegliati, inebriati, partecipavano, si può dire, ad un paradiso di più; ma chi erano i fortunati che gridavano di più, e che facevano risuonare in tutto questa nota, amore, e che apportavano tanta felicità allo stesso Cielo? Erano coloro che avevano più amato il Signore quando vivevano in terra. Ah! non erano coloro che avevano fatto cose grandi, penitenze, miracoli, ah! non mai. Solo, l’amore è quello che va sopra di tutto, e tutto resta dietro di sé; sicché, chi ama molto e non chi fa molto, sarà più accetto al Signore. Pare che sto dicendo spropositi, ma che posso fare? L’ubbidienza ne ha la colpa, chi è che non sa che le cose di là non si possono dire qua? Quindi per non dire più spropositi faccio punto.