Sotto il Tuo Manto

Sabato, 7 giugno 2025 - Sant' Andronico di Perm (Letture di oggi)

Apri il Vangelo e leggi le mie promesse. Alle mie pecorelle ho promesso: « Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà  dalla mia mano » (Gv 10,28). Hai capito, Consolata? Nessuno può strapparmi un 'anima. Ma leggi ancora: « Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio » (Gv 10,29). Consolata, hai capito? Nessuno può strapparmi un anima... in eterno non periranno... perché Io do ad esse la vita eterna. Per chi ho pronunciato queste parole? Per tutte le pecore, per tutte le anime. Perché allora l'insulto: « chissà  se mi salverò? » se Io nel Vangelo ho assicurato che nessuno può strapparmi un anima e che Io a quest'anima do la vita eterna e quindi non perirà ? Credimi; Consolata, che all'inferno va chi vuole, cioè chi vuole veramente andarvi; perché se nessuno può strapparmi un'anima dalle mani; l'anima, per la libertà  concessale, può fuggire, può tradirmi; rinnegarmi e passare quindi di propria volontà  al demonio. Oh, se invece di ferire il mio Cuore con queste diffidenze, pensaste un pò più al Paradiso che vi attende! Perché non vi ho creati per l'inferno ma per il Paradiso, non per andare a far compagnia al demonio ma per godermi nell'amore eternamente. Vedi; Consolata, all'inferno ci va chi vuole andarvi... Pensa come è stolto il vostro timore di dannarvi: dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio Sangue, dopo che per un 'intera esistenza l'ho circondata di grazie, di grazie e di grazie... all'ultimo istante della vita, quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione e quindi quest'anima sta per amarmi eternamente, Io, proprio Io che nel santo Vangelo ho promesso di dare ad essa la vita eterna e che nessuno me le strapperà  di mano. Me la lascerò rubare dal demonio, dal mio peggiore nemico? Ma, Consolata, si può credere a questa mostruosità ? Vedi; l'impenitenza finale l'ha quell'anima che vuole andare all'inferno di proposito e quindi ostinatamente rifiuta la mia misericordia, perché io non rifiuto mai il perdono a nessuno; a tutti offro e dono la mia immensa misericordia; perché per tutti ho versato il mio Sangue, per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l'anima, perché Io li perdono se essa si pente, ma è l'ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare. San Disma, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me e tanti e tanti peccati; ma in un istante è perdonato e lui; nel giorno stesso del suo ravvedimento, entra a possedere il mio Regno ed è un Santo! Vedi il trionfo della mia misericordia e della confidenza in Me! No, Consolata: il Padre mio che Me le ha date, le anime, è più grande e potente di tutti i demoni; sai! E nessuno può rapirle di mano al Padre mio. O Consolata, tu confida, confida sempre; credi ciecamente che Io adempirò tutte le grandi promesse che ti ho fatte, perché Io sono buono, sono immensamente buono e misericordioso e « non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva » (Ez 33,11). (Suor Maria Consolata Betrone)

Omelia 114: Non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi.


O empia cecità! Temono di venir contaminati dall'abitazione altrui, non temono di contaminarsi col proprio delitto.

1. Vediamo ora che cosa avvenne attorno al Signore o, meglio, della persona di nostro Signore Gesù Cristo nel pretorio del procuratore Ponzio Pilato, secondo il racconto dell'evangelista Giovanni. Egli ritorna al suo racconto, che aveva interrotto per riferire il rinnegamento di Pietro. Dopo aver detto che Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote (Gv 18, 24), era tornato nell'atrio dove aveva lasciato Pietro che si scaldava presso il fuoco, e, terminato il racconto delle sue negazioni, che arrivarono a tre, dice: Poi conducono Gesù da Caifa nel pretorio (Gv 18, 28). Aveva detto che a Caifa era stato mandato da Anna, suo collega e suocero. Ma se lo conducono da Caifa, perché lo portano nel pretorio? L'evangelista vuole semplicemente dirci che lo portano là dove abitava il procuratore Pilato. O Caifa, per qualche motivo urgente, si era recato al pretorio presso il procuratore lasciando la casa di Anna, dove ambedue si erano dati convegno per ascoltare Gesù, lasciando Gesù al suocero perché lo interrogasse, oppure Pilato aveva fissato il suo pretorio nella stessa casa di Caifa. Probabilmente questa casa era tanto grande da poter ospitare distintamente il padrone e il giudice.

2. Era l'alba, ed essi - quelli che conducevano Gesù - non vollero entrare nel pretorio, cioè in quella parte della casa occupata da Pilato, se quella era la casa di Caifa. L'evangelista spiega il motivo per cui non vollero entrare nel pretorio: per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua (Gv 18, 28). Erano cominciati i giorni degli azzimi, durante i quali essi non potevano entrare nell'abitazione di uno straniero senza contaminarsi. O empia cecità! Temevano di contaminarsi entrando nell'abitazione di uno straniero, e non temevano di contaminarsi con il loro delitto. Temevano la contaminazione del pretorio di un giudice straniero, non temevano la contaminazione del sangue innocente del loro fratello, per non parlare che della colpa di cui era gravata la loro cattiva coscienza. Il fatto di aver condotto a morte il Signore e di aver ucciso colui che era l'autore della vita, non imputiamolo alla loro coscienza ma alla loro ignoranza.

3. Allora Pilato uscì fuori verso di loro, e domandò: Che accusa portate contro quest'uomo? Essi gli risposero: Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato (Gv 18, 29-30). Si interroghino e rispondano i liberati dagli spiriti immondi, i malati guariti, i lebbrosi mondati, i sordi che odono, i muti che parlano, i ciechi che vedono, i morti che sono risorti, e, quel che è più, gli stolti diventati sapienti, e dicano essi se Gesù è un malfattore. Ma parlavano così quelli, a proposito dei quali egli stesso per mezzo del profeta aveva predetto: Mi ricambiavano male per bene (Sal 34, 12).

[I Giudei uccisero Cristo, anche se indirettamente.]

4. Disse loro Pilato: Prendetelo voi, e giudicatelo secondo la vostra legge! Gli risposero i Giudei: A noi non è permesso mettere a morte nessuno (Gv 18, 31). Che stanno dicendo quei pazzi crudeli? Forse che essi non uccidevano colui che presentavano perché fosse ucciso? Forse che la croce non uccide? A tal punto diventano stolti coloro che, invece di seguire, perseguitano la Sapienza. Che significa: A noi non è permesso mettere a morte nessuno? Se è un malfattore, perché non è lecito? Forse la legge consentiva loro di risparmiare i malfattori e, soprattutto, chi distoglieva i fedeli dal culto di Dio, come ritenevano facesse il Cristo (cf. Dt 13, 15)? Ma è da intendere che essi dissero non esser loro permesso mettere a morte nessuno a causa della santità del giorno di festa, che avevano già cominciato a celebrare: era per questo motivo che temevano di contaminarsi entrando nel pretorio. A tal punto, Israeliti falsi, vi siete induriti? A tal punto, per eccesso di malvagità, avete perduto ogni sentimento, da non ritenervi macchiati del sangue innocente, solo perché avete chiesto ad altri di versarlo? Sarà forse Pilato a uccidere, con le sue mani, colui che gli avete consegnato perché lo metta a morte? Se non aveste voluto che fosse ucciso, se non gli aveste teso insidie, se non aveste procurato col denaro che vi fosse consegnato, se non l'aveste arrestato, legato, consegnato e messo nelle mani di Pilato perché lo mettesse a morte, se a gran voce non aveste chiesto la sua morte, allora potreste vantarvi di non averlo ucciso voi. Se invece, a tutto ciò che avete fatto prima, aggiungete anche il grido: Crocifiggilo, crocifiggilo! (Gv 19, 6), ebbene, ascoltate che cosa grida a sua volta contro di voi il profeta: Uomini, i cui denti son lance e saette, e la cui lingua una spada affilata (Sal 56, 5). Ecco con quali armi, con quali saette, con quale spada avete voi ucciso il Giusto, anche se dicevate che a voi non era permesso mettere a morte nessuno. Questo il motivo per cui ad arrestare Gesù non andarono i gran sacerdoti, ma mandarono altri. Tuttavia l'evangelista Luca, nel suo racconto, a questo punto afferma: Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, gran sacerdoti, capi delle guardie del tempio ed anziani: Come contro un brigante siete usciti (Lc 22, 52)... Anche se i gran sacerdoti non andarono personalmente, ma mandarono altri ad arrestare Gesù, di fatto andarono essi stessi nelle persone di coloro che eseguivano i loro ordini. E così tutti quelli che con empia voce gridarono che Cristo fosse crocifisso, anche se non direttamente, nondimeno furono essi a uccidere Cristo, per mezzo di colui che dalle loro grida fu indotto a compiere un tale delitto.

5. Se nelle parole che l'evangelista Giovanni aggiunge: Così si adempiva la parola che Gesù aveva detto indicando di quale morte avrebbe dovuto morire (Gv 18, 32), volessimo vedere un'allusione alla morte di croce (quasi che i Giudei dicendo: A noi non è permesso mettere a morte nessuno, avessero voluto dire che una cosa è uccidere e un'altra cosa crocifiggere), non vedo come queste parole possano essere una risposta pertinente e logica a Pilato, il quale aveva detto: Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge. Non avrebbero potuto prenderlo e crocifiggerlo essi stessi, se intendevano con tal genere di supplizio evitare la morte di qualcuno? Ma chi non vede quanto sia assurdo ritenere che fosse permesso di crocifiggere a coloro ai quali non era permesso di mettere a morte nessuno? D'altra parte il Signore stesso parlava della sua morte, della sua morte in croce, come di una vera uccisione, secondo quanto leggiamo in Marco: Ecco che noi saliamo a Gerusalemme, e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai gran sacerdoti e agli scribi; e lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani; lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno, lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà (Mc 10, 33-34). Esprimendosi così, il Signore indicò di quale morte sarebbe morto; non volendo tanto riferirsi alla sua morte in croce, quanto al fatto che i Giudei lo avrebbero consegnato ai pagani, cioè ai Romani. Pilato infatti era romano, ed erano stati i Romani a mandarlo in Giudea come procuratore. Così si sarebbe adempiuta la parola di Gesù, che cioè lo avrebbero ucciso i pagani una volta che fosse stato loro consegnato, come egli appunto aveva predetto; perciò quando Pilato, che era il giudice romano, volle restituirlo ai Giudei, perché lo giudicassero secondo la loro legge, si sentì rispondere: A noi non è permesso di mettere a morte nessuno. Così si adempì la predizione di Gesù, che aveva detto che i Giudei lo avrebbero consegnato ai pagani perché fosse messo a morte. E i pagani, in questo delitto, sono meno colpevoli dei Giudei, i quali in tal modo credettero di potersi scagionare della sua morte, dimostrando così, non la loro innocenza, ma la loro demenza.