Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 16 giugno 2025 - Sant´ Aureliano (Letture di oggi)

"La messe è molta, ma gli operai sono pochi" Signore, malgrado la mia piccolezza, vorrei accogliere il Tuo invito, vorrei andare nella Tua messe, vorrei fare qualcosa per Te, vorrei scrivere il Tuo nome in ogni cuore. Non importa che la mia esistenza sia piccola e insignificante, quando so di essere importante per Te. Ed è proprio la mia piccolezza che mi autorizza a rivolgermi a Te, che sei grande. Ora mi piace pensare: se sono immerso nel Tuo cuore, allora sarò capace di portare dappertutto il Tuo amore e - con la preghiera, la condivisione, la disponibilità , la gratuità  - manifestare la tua bontà  infinita. (Don Nikola Vucic)

3-29 Gennaio 17, 1900 Malvagità ed astuzia dell’uomo


(1) Questa mattina il mio adorabile Gesù andava e ritornava, ma sempre in silenzio. Dopo mi sono sentita uscire fuori di me stessa, e Gesù me lo sentivo da dietro che diceva:

(2) “L’uomo, – dice ché non c’è più rettitudine – fino a tanto che le cose staranno in questo modo non potremo avere nessuna riuscita ai nostri intenti, affettiamo virtù, fingiamoci retti, mostriamoci veri amici esternamente ché così sarà più facile tessere le nostre reti e tirarli nell’inganno, e quando usciremo fuori per predarli e farli del male, ognuno credendoci amici l’avremo a mano salva nelle nostre mani. Vedi un po’ dove giunge l’astuzia dell’uomo!”

(3) Dopo ciò, il benedetto Gesù volendo un atto di riparazione speciale, pareva che mi troncasse la vita offrendomi alla divina giustizia. Nell’atto che ciò faceva, io credevo che Gesù mi facesse passare da questa vita, onde gli ho detto: “Signore, non voglio venire nel Cielo senza le vostre divise, prima crocifiggetemi e poi portatemi”.

(4) Così mi ha trapassato coi chiodi le mani ed i piedi, e mentre ciò faceva, con mio sommo rammarico, Lui è scomparso ed io mi sono trovata in me stessa. Ho detto tra me: “Qui sto ancora! Ahi! quante volte me la fate, mio caro Gesù, ed avete un’arte a parte a saperlo fare, ché mi fate credere che devo morire, quindi io me la rido del mondo, delle pene, me la rido di Voi stesso, ché è finito il tempo di starci separati, non ci saranno più intervalli di separazione. Ma appena incomincia il riso, che trovandomi un’altra volta legata nei ceppi del muro di questo fragile corpo, dimenticando d’avere incominciato a ridere, continuo il pianto, i gemiti, i sospiri della mia separazione con Voi. Ah! Signore, fate presto, che mi sento violentata a venirci!”