LIBRO QUARTO

L'acqua dei fiumi del Paradiso e il battesimo.
1. 1. Quando si paragona la Chiesa al paradiso 1 terrestre si vuole mostrare che gli uomini possono, sì, ricevere il battesimo anche fuori della Chiesa, ma nessuno può ricevere e conservare la salvezza della beatitudine fuori di essa. In effetti, i fiumi che scaturivano dalla sorgente del paradiso, come ci attesta la Scrittura, scorrevano abbondantemente anche fuori. Se ne citano i nomi, si conoscono le regioni che attraversano, e tutti sappiamo che erano fuori del paradiso 2. Eppure, né nella Mesopotamia e né nell'Egitto, dove arrivavano i fiumi, si trova la vita felice che viene menzionata nel paradiso. Pertanto, mentre l'acqua del paradiso si trova anche fuori del paradiso, la beatitudine sta solo nel paradiso. Lo stesso è per il battesimo della Chiesa: si può trovare fuori della Chiesa, mentre il dono della vita beata non si trova che nella Chiesa che è anche fondata sulla pietra e che ha ricevuto le chiavi per sciogliere e per legare 3. Essa è la sola che detiene e possiede tutto il potere del suo Sposo e Signore e che, in virtù di questo potere coniugale, può generare figli perfino dalle ancelle 4, i quali, se non si insuperbiscono, sono chiamati a partecipare all'eredità; se invece si insuperbiscono, resteranno fuori.
Gli eretici non possono corrompere il battesimo.
2. 2. Ora, appunto perché lottiamo per l'onore e l'unità della Chiesa, noi non dobbiamo attribuire agli eretici quanto di suo riconosciamo in loro, ma, rimproverandoli, insegnare che quanto hanno preso dall'unità non procura loro la salvezza, se non vengono a questa stessa unità. L'acqua della Chiesa è fedele, salutare e santa 5 per quelli che l'usano bene; ma fuori della Chiesa nessuno può usarla bene. A quanti, invece, l'usano male, sia fuori che dentro, si amministra per la loro condanna, non si dona per il premio. Per questo il battesimo non si può né corrompere e né adulterare, anche se è posseduto dai corrotti e dagli adulteri; così come la Chiesa è incorrotta, casta e pudica, e quindi non vi appartengono gli avari, i ladroni e gli usurai, i quali, come Cipriano attesta in molti passi delle sue lettere, non sono soltanto fuori, ma anche dentro e, ciononostante, anche senza cambiare il cuore, si battezzano e battezzano.
Nella Chiesa di Cipriano gli ipocriti ricevevano il battesimo.
2. 3. In effetti, egli ne parla anche in una lettera ai chierici sulla necessità di pregare Dio, prendendo su di sé, come il santo Daniele, i peccati del suo popolo. Tra i molti mali che menziona, infatti, egli cita anche il peccato di quelli che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti 6; come quelli di cui l'Apostolo dice: Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti 7. Ora costoro, come il beato Cipriano dimostra, vivono anche nella Chiesa. Essi si battezzano anche senza cambiare in meglio il loro cuore, visto che certamente rinunciano al mondo a parole e non a fatti, malgrado l'apostolo Pietro dica: Così anche voi egli salva con questa figura, cioè il battesimo; il quale non è deposizione di sporcizie della carne, ma invocazione a Dio di una buona coscienza 8. E questa coscienza certamente non l'avevano quelli di cui Cipriano dice: Rinunciano solo con le parole, ma non coi fatti. Tuttavia con rimproveri e biasimi egli fa in modo che camminino nella via di Cristo e preferiscano essere amici suoi che del mondo.
La conversione rende utile il sacramento infruttuoso.
3. 4. Se gli avessero obbedito, iniziando una vita santa, cioè non da pseudocristiani, ma da cristiani veri, pensate forse che avrebbe imposto loro di farsi ribattezzare? Senz'altro no. Sarebbe bastata una vera conversione per far sì che il sacramento che, quando non erano cambiati procurava la rovina, una volta cambiati, incominciasse a procurare la salvezza; tanto più che non sono fedeli alla Chiesa 9 neppure quelli che sembrano dentro e che vivono contro Cristo; quelli cioè che agiscono contro i comandamenti di Cristo, e che quindi non bisogna assolutamente considerarli membri di quella Chiesa che egli purifica con il lavacro dell'acqua nella Parola, per mostrare a se stesso una Chiesa gloriosa, senza macchia né ruga, né alcunché di simile 10. Ma se essi non sono in questa Chiesa e non sono suoi membri, allora non sono nella Chiesa di cui si dice: Una sola è la mia colomba, l'unica per la sua madre 11: essa infatti è senza macchia e senza ruga. Ora dica pure, chi può, che sono membri di questa colomba quanti rinunciano al mondo a parole e non a fatti 12. Intanto vediamo a chi appartengono. Penso che per questo è stato detto: Chi distingue il giorno, lo distingue per il Signore 13; Dio, infatti, giudica tutti i giorni. Ora, secondo la prescienza di Colui che conosce quelli che ha predestinati prima della creazione del mondo a essere conformi all'immagine del Figlio suo 14, molti di quelli che sono apertamente fuori e che passano per eretici, sono migliori di molti buoni cattolici. Ciò che sono oggi lo vediamo, ma ciò che saranno domani lo ignoriamo. In realtà, davanti a Dio, al quale sono presenti tutti gli avvenimenti futuri, ciò che saranno, lo sono già, mentre tutti noi uomini, in base a ciò che ciascuno è attualmente, cerchiamo se tra i membri di quella Chiesa che, sola, è stata chiamata colomba e Sposa di Cristo senza macchia, né ruga, si devono includere, oggi, quelli di cui Cipriano parla nella lettera citata: quelli che non seguivano la via del Signore e non osservavano i comandamenti celesti, dati per la loro salvezza; che non facevano la volontà del Signore, ma si preoccupavano del patrimonio e del profitto; che ricercavano l'orgoglio, coltivavano la rivalità e la discordia, trascuravano la semplicità e la fede, e che rinunciavano al mondo solo a parole e non a fatti; piacendo ciascuno a se stesso e dispiacenti a tutti 15. Ma se la colomba non li riconosce tra i suoi membri, e se, restando in questa perversità, si sentiranno dire dal Signore: Non vi conosco; lontano da me, operatori di iniquità 16, allora sembrano nella Chiesa, ma non ci sono; anzi, operano contro la Chiesa. Come dunque possono battezzare con il battesimo della Chiesa 17, che non giova né ad essi e né a quanti lo ricevono, se al loro interno non cambiano con una vera conversione, in modo che il sacramento, che quando lo ricevevano non giovava, perché rinunciavano al mondo a parole e non a fatti, incominci a giovare appena decidono di rinunciarvi anche coi fatti 18? Così si dica anche di quelli la cui separazione è palese: tra i membri della colomba non ci sono oggi né gli uni e né gli altri, ma forse alcuni di loro ci saranno.
Non battezzare gli eretici non significa approvarne il battesimo.
4. 5. Pertanto se noi non ribattezziamo dopo gli eretici, non significa che accettiamo il loro battesimo, ma che riconosciamo ciò che è di Cristo anche nei malvagi, sia in quelli separati apertamente, fuori della Chiesa, e sia in quelli che sono dentro ma nascosti, e una volta tornati sulla retta via, accogliamo con il dovuto onore. Ora, se mi vedo pressato dalla loro domanda: Dunque, un eretico rimette i peccati? 19, anch'io li incalzo con la mia: Dunque, chi non osserva i precetti del cielo: l'avaro, il ladro, l'usuraio, l'invidioso, e chi rinuncia al mondo a parole e non a fatti rimette i peccati? 20 Se è in virtù del sacramento di Dio che essi si rimettono, allora li rimette l'uno, e li rimettono gli altri; se invece è per merito proprio, non li rimette né l'uno e né gli altri. Questo sacramento, infatti, viene considerato di Cristo anche nei malvagi, ma nel corpo dell'unica colomba, incorrotta, santa, pudica, senza macchia né ruga 21, non vi sono né gli uni e né gli altri. E come il battesimo non giova a chi lo riceve, se egli rinuncia al mondo a parole e non a fatti 22, così non giova a chi viene battezzato nell'eresia o nello scisma. Ma se entrambi si correggono, incomincia a giovare ciò che prima non giovava, ma c'era.
Un battezzato nell'eresia non diventa tempio di Dio.
4. 6. Un battezzato nell'eresia, quindi, non diventa tempio di Dio 23. Ma per questo bisogna considerarlo non battezzato? Neppure nella Chiesa un avaro battezzato diventa tempio di Dio, se non abbandona l'avarizia. Quelli che diventano tempio di Dio possiedono senza dubbio il regno di Dio. Tra le altre cose, l'Apostolo dice: Né gli avari e né i rapaci possederanno il regno di Dio 24. E paragona l'avarizia all'idolatria: L'avarizia, che è idolatria 25. E Cipriano ha talmente ampliato questo significato nella lettera ad Antoniano, da non esitare ad equiparare l'avarizia al peccato di quelli che, al tempo della persecuzione, avevano ammesso di avere purificato coi libelli 26. Quindi, come un uomo battezzato nell'eresia nel nome della Santa Trinità, non diventa tempio di Dio, se non recede dall'eresia, così non diventa tempio di Dio chi è battezzato nell'avarizia, se non recede dall'avarizia, che è schiavitù degli idoli. L'Apostolo dice anche: Che rapporto c'è tra il tempio di Dio e gli idoli? 27 Però non ci si chieda di quale dio diventa tempio colui che, come noi diciamo, non diventa tempio di Dio 28. Ma non per questo egli non viene battezzato e né il suo immondo errore impedisce al sacramento ricevuto di essere santo, che è stato consacrato dalle parole del Vangelo; così come neppure la sua avarizia, che è idolatria e grande immondezza, può far diventare non santo il battesimo che egli riceve, anche se lo battezza un avaro come lui, con le stesse parole del Vangelo.
Peccare per ignoranza è meno grave che peccare con coscienza.
5. 7. Cipriano poi dice: Invano alcuni, vinti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine, come se questa sia più importante della verità o se nelle questioni spirituali non si debba seguire ciò che lo Spirito Santo ci ha rivelato come migliore 29. Verissimo: ragione e verità vanno preferite alla consuetudine. Ma quando la verità è sostenuta dalla consuetudine, non c'è niente da conservare con più determinazione. Poi prosegue e dice: Si può infatti perdonare chi sbaglia per ingenuità, come l'apostolo Paolo dice di sé: " Prima io ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia, perché l'ho fatto per ignoranza " 30. Ma dopo l'ispirazione e la rivelazione, chi volontariamente e coscientemente persevera nel suo precedente errore, pecca senza l'attenuante dell'ignoranza: egli infatti si regge sulla presunzione e su una certa ostinazione, sebbene sconfitto dalla ragione. Verissimo: è molto più grave peccare con coscienza, che per ignoranza. Ecco perché san Cipriano, uomo non solo dotto, ma anche docile, ha compreso così bene la descrizione che l'Apostolo fa a lode del vescovo 31, da dire che in un vescovo occorre apprezzare anche la dote di saper insegnare con sapienza, ma anche imparare con pazienza 32. Ed io non dubito che se egli avesse potuto discutere questa questione, lungamente e accuratamente dibattuta nella Chiesa, con quei santissimi e dottissimi vescovi, che più tardi confermarono l'antica consuetudine, anche con un concilio plenario, avrebbe senza dubbio dimostrato non solo la sua grande dottrina nelle cose che conosceva con fermissima certezza, ma anche la sua grande docilità in quelle che aveva meno percepite. E tuttavia, pur essendo molto evidente che peccare con coscienza è più grave che peccare per ignoranza, vorrei che mi si dicesse che cos'è più grave: il male di uno che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o il male di uno che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia. Chi dei due è peggiore? Potrei anche esprimermi così: se uno, per ignoranza, cade nell'eresia, un altro, con coscienza, non si allontana dall'idolatria. Ora, l'Apostolo dice: L'avarizia è l'idolatria 33, e Cipriano stesso, come ho detto, scrivendo ad Antoniano 34, non dà un senso diverso a questa frase, quando dice: Non si illudano i nuovi eretici, dicendo che essi non comunicano con gli idolatri, visto che tra di loro ci sono adulteri e ingannatori, che sono prigionieri del crimine dell'idolatria. " Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatore o impuro o avaro, cosa da idolatri, erediterà il regno di Cristo e di Dio " 35. E ancora: "Mortificate dunque le vostre membra, che sono della terra: fornicazione, impurità, concupiscenza malvagia, e l'avarizia che è idolatria " 36. Allora io chiedo: chi pecca più gravemente, colui che, a sua insaputa, cade nell'eresia, o colui che, coscientemente, non si allontana dall'avarizia, che è idolatria? Certo, in base alla regola che colloca prima i peccati commessi con coscienza, e poi quelli commessi per ignoranza, un avaro consapevole la vince nella gravità del crimine. Ora, a meno che, nell'eresia, la grandezza di questo crimine non faccia ciò che, nell'avarizia, fa il riconoscimento di chi è cosciente, l'eretico incosciente deve essere equiparato all'avaro cosciente. Quantunque non sembra che sia questo il senso del testo dell'Apostolo citato da Cipriano. Che cosa noi detestiamo negli eretici se non le bestemmie? Ora, Cipriano, volendo dimostrare che i peccati degli ignoranti si perdonano con facilità, ha citato il testo in cui l'Apostolo dice: Io prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un ingiurioso, ma ho ottenuto la misericordia di Dio, perché l'ho fatto per ignoranza 37. Ma se è possibile, come ho detto, si pesino i due peccati sulla stessa bilancia: la bestemmia dell'ignorante e l'idolatria di chi ne è cosciente, e si valuti, con lo stesso criterio, sia colui che nel cercare Cristo si imbatte in una dottrina falsa ma verosimile, e sia colui che, coscientemente, resiste a Cristo che dichiara per bocca dell'Apostolo: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è un idolatra, erediterà il regno di Cristo e di Dio 38. E perché il battesimo e le parole del Vangelo in uno si rifiutano e in un altro si approvano, benché tutt'e due siano estranei alle membra della colomba? Forse perché chi sta fuori è un litigante palese, che non si deve fare entrare dentro, mentre chi sta dentro è uno scaltro adulatore, che non va messo fuori?
Sul battesimo degli eretici gli Apostoli non dicono nulla.
6. 8. Quanto poi all'affermazione: Nessuno dica: Ciò che seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli; gli Apostoli infatti ci hanno tramandato una sola Chiesa e un solo battesimo, e questo si trova solo in questa Chiesa 39; non mi colpisce nel senso di farmi osare di respingere il battesimo di Cristo trovato anche presso gli eretici: il Vangelo stesso, del resto, quando lo trovo presso di loro, debbo approvarlo anche se detesto il loro errore. Mi colpisce, invece, perché essa mi dice che anche ai tempi di Cipriano, alcuni sostenevano che la consuetudine, contro la quale in Africa si tenevano i concili e della quale egli stesso, poco prima, ha detto: Invano alcuni, sconfitti dalla ragione, ci obiettano la consuetudine 40, l'avevano tramandata gli Apostoli. E d'altra parte, io non so come mai questa consuetudine, confermata, dopo Cipriano, anche da un concilio plenario di tutto il mondo, Cipriano stesso l'abbia trovata così radicata nel costume precedente, che quando cercava il sostegno di un'autorità per poterla cambiare, pur essendo egli un uomo molto dotto, non riuscì a trovare nient'altro che il concilio di Agrippino, tenutosi in Africa solo pochi anni prima di lui. Però, vedendo che di fronte a una prassi diffusa in tutto il mondo, esso non bastava, fece sue le ragioni che ora noi, rafforzati dall'antichità della consuetudine e dall'autorità del concilio plenario, esaminandole più da vicino, troviamo più verosimili che vere. Esse invece sembrarono vere a lui, impegnato in una questione molto oscura ed ondeggiante sulla remissione dei peccati, della quale ci si chiedeva come sia possibile che essa non avvenga nel battesimo di Cristo e avvenga presso gli eretici. Ma se su questo punto egli fu meno illuminato, perché fosse verificata la grandezza della sua carità, che non gli fece abbandonare l'unità, non per questo qualcuno deve osare di sentirsi superiore ai suoi meriti, che sono molti e grandi, e alle sue virtù e all'abbondanza delle sue grazie, solo perché, sostenuto dalla certezza di un concilio plenario, vede ciò che Cipriano non ha visto, dato che la Chiesa non aveva ancora tenuto un concilio plenario su questa materia. Allo stesso modo nessuno è tanto sciocco da anteporre i propri meriti ai molti dell'apostolo Pietro, solo perché, ammaestrato dalle Lettere dell'apostolo Paolo, e rafforzato dalla consuetudine della Chiesa, non obbliga i Gentili a giudaizzarsi, ciò che una volta Pietro aveva costretto a fare 41.
Non troviamo nessuno battezzato dagli Apostoli.
6. 9. Certo, noi non troviamo che un uomo, battezzato presso gli eretici, sia stato poi accolto dagli Apostoli con questo battesimo e sia entrato nella comunione; ma non troviamo neppure che un uomo, venuto dagli eretici e battezzato presso di loro, sia stato ribattezzato dagli Apostoli 42. E tuttavia è legittimo credere che questa consuetudine, che anche la gente del tempo, dando uno sguardo al passato, non vedeva istituita dai loro successori, siano stati proprio gli Apostoli a tramandarla. E di queste ve ne sono molte, che sarebbe lungo ricordare. Perciò, se non parlavano a vuoto quelli che Cipriano voleva convincere alla sua opinione, dicendo: Che nessuno mi dica: Ciò che noi seguiamo, lo abbiamo ricevuto dagli Apostoli 43, con quanta più forza ora noi diciamo: Ciò che la consuetudine della Chiesa ha sempre mantenuto e che questa controversia non ha potuto confutare e che un concilio plenario ha confermato, questo noi seguiamo! Inoltre, viste bene, dall'una e dall'altra parte, le ragioni della controversia e le testimonianze delle Scritture, si può anche dire: Ciò che noi seguiamo, è ciò che la verità ha proclamato.
Non si opponga Phil 1, 18.
7. 10. Il testo che alcuni opponevano agli argomenti di Cipriano 44, quello in cui l'Apostolo dice: In ogni modo, per interesse o per sincerità, purché Cristo sia annunciato 45, Cipriano fa bene a respingerlo, dimostrando che esso non c'entra niente con la questione degli eretici, perché l'Apostolo parlava di quelli che, pur cercando con malevola invidia i propri interessi, vivevano, tuttavia, nella Chiesa. Non c'è dubbio che essi annunciavano Cristo secondo la verità che noi crediamo di Cristo, tuttavia non con quello spirito con cui lo annunciavano i buoni evangelisti figli della colomba. Dice Cipriano: Nella sua lettera Paolo non parlava né degli eretici e né del loro battesimo, perché si possa dimostrare che ha scritto qualcosa che riguarda questa questione. Egli parlava dei fratelli, sia di quelli che vivevano in modo disordinato e contrario alla disciplina della Chiesa, sia di quelli che osservavano la verità del Vangelo per timore di Dio. Ne cita alcuni che annunciavano la Parola di Dio con costanza e coraggio; alcuni che vivevano nell'invidia e nella discordia; alcuni che conservavano verso di lui una benevola carità; e alcuni un malevolo dissenso. Ma egli li sopportava con pazienza, purché, o per verità o per interesse, il nome di Cristo, che Paolo predicava, giungesse a conoscenza di un numero sempre maggiore; e perché la predicazione degli annunciatori, facesse crescere la semente ancora recente e fresca. Ma un conto è che, nel nome di Cristo, parlano quanti sono nella Chiesa, e un conto è che, nel nome di Cristo, battezzano quanti ne sono fuori e operano contro la Chiesa 46. Con queste parole Cipriano sembra invitarci a distinguere tra i cattivi che sono fuori la Chiesa e quelli che sono dentro. Quanto a quelli che, secondo l'Apostolo, annunciavano il Vangelo di Cristo senza rettitudine, ma per invidia, egli dice che erano dentro, ed è vero 47. Comunque io non credo che sia temerario dire: Se fuori nessuno può avere qualcosa di Cristo, dentro nessuno può avere qualcosa del diavolo. Se infatti quel giardino chiuso poté avere le spine del diavolo, perché la sorgente del Cristo non poté scorrere anche fuori del giardino 48? E se non poté, da dove venne tutto il male dell'invidia e della discordia in quelli che stavano nella Chiesa, anche all'epoca dell'apostolo Paolo? Si tratta di parole di Cipriano. Oppure l'invidia e la malevola discordia sono un male leggero? Come dunque potevano essere nell'unità essi che non erano nella pace?. C'è una voce, non mia e né di un uomo, ma del Signore; una voce che risuonò nella nascita di Cristo, non per bocca di uomini, ma di angeli: Gloria a Dio nelle altezze e pace in terra agli uomini di buona volontà 49. Bene, questo annuncio non sarebbe mai risuonato sulla bocca degli angeli nella nascita di Cristo in terra, se Dio non avesse voluto farci capire che sono nell'unità del corpo di Cristo quanti sono nella pace di Cristo, e che sono nella pace di Cristo, quanti hanno buona volontà. Ma se la buona volontà consiste nella benevolenza, la cattiva volontà nella malevolenza.
Il grande male dell'invidia.
8. 11. L'invidia stessa, del resto, che non può essere se non malevola, che grande male è! Non cerchiamo altri testimoni: ci basta Cipriano, per il cui tramite il Signore fece risuonare molte verità sulla gelosia e sull'invidia e molti salutari precetti. Leggiamo la lettera di Cipriano sulla gelosia e l'invidia, e vediamo che grande male è invidiare quelli che stanno meglio; un male che ha origine dal diavolo, come egli insegna in questo memorabile testo: Essere geloso del bene che vedi e invidioso di chi sta meglio, alcuni lo ritengono, fratelli dilettissimi, un peccato lieve e irrilevante: poco dopo, mentre va alla ricerca del principio e dell'origine di questo male, aggiunge: Per invidia, dall'inizio del mondo, il diavolo si perse per primo e poi fece perdere gli altri. E appresso: Che male terribile, fratelli dilettissimi, è questo, per il quale cadde l'Angelo, dal quale poté essere circuita e abbattuta questa alta ed eccelsa sublimità, e dal quale fu sedotto proprio chi sedusse! Da allora l'invidia avanza sulla terra, poiché chi è destinato a perdersi per l'invidia segue il maestro della perdizione e poiché l'invidioso imita il diavolo, come sta scritto: " Per invidia del diavolo la morte entrò nel mondo. E lo imitano quelli che gli appartengono " 50. Tutta la verità e la forza di queste parole di Cipriano nella lettera nota ai fedeli, noi la riconosciamo. Era veramente degno di Cipriano esprimere, sull'invidia e la gelosia, una dura condanna, e ammonire noi di un male così letale, dal quale il suo cuore era totalmente estraneo, come dimostrò la grande abbondanza della sua carità. E proprio perché custodiva con molta diligenza questa carità egli rimase nell'unità della comunione con i suoi colleghi che, senza malignità, la pensavano sul battesimo diversamente da lui, come anche lui, però, non per spirito di cattiva contesa, ma per una tentazione umana, la pensava diversamente su ciò che in seguito Dio, per la sua perseveranza nella carità, gli avrebbe rivelato 51, quando avesse voluto.Perciò diceva apertamente: Non giudicare nessuno, né allontanare dal diritto della comunione chi avesse un'idea diversa. Nessuno di noi, infatti, è stato costituito vescovo dei vescovi, né usa il terrore dei tiranni per costringere i propri colleghi alla necessaria obbedienza. E in chiusura della lettera dice: Brevemente, e conforme alla nostra pochezza, ti abbiamo dato queste risposte, fratello carissimo, non prevenendo nessuno, né impedendo pregiudizialmente a ciascun vescovo di agire come crede, poiché ciascuno ha il pieno possesso del libero arbitrio. Per quanto dipende da noi, non vogliamo litigare, per colpa degli eretici, con i nostri colleghi vescovi, con i quali, anzi, desideriamo conservare la divina concordia e la pace del Signore; soprattutto perché l'Apostolo dice: " Se poi qualcuno pensa di creare litigi, noi non abbiamo questa abitudine, e neppure la Chiesa di Dio " 52. Si conservi da parte di noi tutti, con pazienza e dolcezza, la carità dello spirito, l'onore del collegio, il vincolo della fede, la concordia del sacerdozio. Proprio per questo, noi ora abbiamo scritto anche un opuscolo Sul bene della pazienza, secondo le capacità della nostra pochezza e con il beneplacito e l'ispirazione del Signore. Te lo invio come segno del nostro reciproco affetto 53.
La grande pazienza di Cipriano.
9. 12. Cipriano, forte di questa pazienza della carità, ha sopportato non solo i buoni colleghi che, senza malignità, avevano una opinione diversa su una questione oscura - come del resto lui stesso è stato sopportato, finché, col passar del tempo, quando Dio ha voluto e la verità è stata chiarita, la salutare consuetudine è stata confermata da un concilio plenario - ma ha sopportato anche i cattivi palesi e a lui ben noti, i quali, non per colpa dell'oscurità della questione, ma per la loro cattiva condotta agivano in contraddizione con ciò che predicavano, come dice l'Apostolo: Tu che predichi di non rubare, rubi 54. Di questi vescovi suoi contemporanei e suoi colleghi, uniti in comunione con lui, nella lettera dice: Mentre nella Chiesa i fratelli soffrivano la fame, essi cercavano di possedere argento in abbondanza; rapivano con insidiosi raggiri i possedimenti, e accrescevano il capitale raddoppiando gli interessi 55. Su questo non c'è alcuna oscurità, in quanto la Scrittura proclama chiaramente: Né gli avari, né i ladri, possederanno il regno di Dio 56, e: Colui che non ha prestato il suo danaro ad interesse 57; e: Nessun fornicatore o impuro o avaro, che è una idolatria, avrà l'eredità nel regno di Cristo e di Dio 58. Ora Cipriano, simili avari, che non solo ammassavano con avidità le proprie ricchezze, ma rapivano con inganno quelle degli altri; e simili idolatri, come egli li intese e li confutò, non li avrebbe certamente biasimati, se non li avesse conosciuti, poiché non avrebbe mai detto una falsa testimonianza contro i suoi colleghi. E tuttavia, per amore di Cristo 59, morto per i deboli, e per timore che, volendo sradicare anzitempo la zizzania, si sradicasse insieme anche il frumento 60, li sopportò con sentimenti di carità paterna e materna, in ciò imitando l'apostolo Paolo, che sopportò i maligni e gli invidiosi, con la stessa carità che nutriva per la Chiesa 61.
Anche gli invidiosi hanno e danno il battesimo.
9. 13. Ma se è vero che per invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, e lo imitano quanti sono dalla sua parte 62, non in quanto sono creati da Dio, ma in quanto sono perversi per loro colpa - Cipriano stesso ricorda che anche il diavolo, prima di essere diavolo, è stato un angelo ed è stato buono - come mai sono nell'unità di Cristo, quanti sono del partito del diavolo? Senza dubbio, come ha detto il Signore: Un nemico ha fatto questo. È lui che vi ha seminato sopra la zizzania 63. Perciò, come dentro la Chiesa va condannato ciò che è del diavolo, così, fuori di essa, va riconosciuto ciò che è di Cristo. Oppure fuori dell'unità della Chiesa, Cristo non ha niente di suo, e nell'unità della Chiesa, il diavolo ha qualcosa di suo? Forse degli uomini si può dire questo: fuori della comunione della Chiesa, Dio non ha nessuno dei suoi, così come tra i santi angeli il diavolo non ha nessuno dei suoi; per quanto invece riguarda questa Chiesa, che porta ancora la mortalità della carne, finché è pellegrina lontano dal Signore 64, si può dire che al diavolo è stato permesso di mescolarvi la zizzania, cioè i cattivi, e gli è stato permesso perché la Chiesa pellegrina possa desiderare più ardentemente il riposo della patria di cui godono i santi angeli. Ma dei sacramenti questo non si può dire. Come infatti li può avere e amministrare, non per la salvezza, ma per la pena del fuoco, a cui è destinata, la zizzania interna, così li può avere anche la zizzania esterna, che li ha ricevuti da quella interna, in quanto, pur separandosi, non li ha persi. Il che senza dubbio risulta dal fatto che a quanti ritornano il battesimo non si ridà; qualora alcuni che si erano separati, ritornino. E non mi si dica: Quanto frumento sta in mezzo alla zizzania? Se infatti la realtà è questa, sotto questo aspetto, sia dentro che fuori la condizione è la stessa. Non si può dire, infatti, che nella zizzania che sta fuori, non si trovano dei grani di frumento, e nella zizzania che sta dentro si trovano. Ma quando si tratta del sacramento, non si cerca se nella zizzania c'è un po' di grano, ma se c'è un po' di cielo. Di fatto, sia la zizzania esterna che l'interna hanno in comune, con il frumento, la stessa pioggia; e in se stessa questa è celeste e dolce, anche se da essa cresce, sterilmente, la zizzania. Così il sacramento evangelico di Cristo: esso è divino e soave, e non va riprovato a causa della sterilità di quelli che la pioggia irriga anche fuori.
Fuori della Chiesa può esserci il frumento e dentro la zizzania.
10. 14. Qualcuno potrebbe dire che la zizzania interna si trasformi più facilmente in grano. Lo ammetto. Ma questo che c'entra con la ripetizione del battesimo? Se per ipotesi uno, convertitosi dall'eresia, per la rapidità e facilità della sua conversione, precede un altro che, se pure sta nella Chiesa, si converte e si corregge dalla sua cattiveria più lentamente, a lui non va ripetuto il battesimo, mentre a quest'altro, che è stato preceduto da colui che è venuto dall'eresia, solo perché si è convertito più lentamente, va ripetuto? Non c'entra niente, quindi, con la nostra questione, correggersi più tardi o più lentamente dalla propria deviazione alla rettitudine della fede, della speranza e della carità! Ma se è vero che i cattivi che sono dentro possono diventare buoni più facilmente, a volte però, anche di quelli che sono all'esterno della Chiesa, alcuni precedono nella conversione, altri che sono all'interno; e mentre questi restano nella loro sterilità, i riconciliati con l'unità portano frutto con tolleranza, sia il trenta, sia il sessanta e sia il cento per uno 65. Ora, se bisogna chiamare zizzania solo quella che persevera nell'errore maligno sino alla fine, fuori vi è molto grano e dentro molta zizzania.
Se sono peggiori i cattivi fuori che quelli dentro.
10. 15. Ma sono peggiori i cattivi di fuori o quelli di dentro? Certo è una grande questione sapere se Nicola, già fuori 66, è stato peggiore di Simone, ancora dentro 67, visto che uno era eretico e l'altro mago. Se lo scisma, proprio perché è la prova più sicura della violazione della carità, è ritenuto un male più grave, questo lo ammetto. Molti però, anche dopo aver persa la carità, non escono fuori, perché sono trattenuti dai vantaggi temporali e, pur cercando i propri interessi e non quelli di Gesù Cristo 68, non vogliono allontanarsi, non dall'unità di Cristo, ma dai loro comodi. Ecco perché è stato detto, a lode della carità: Essa non cerca i propri interessi 69.
Continua lo stesso discorso.
10. 16. E ora ci chiediamo: come potranno i partigiani del diavolo appartenere alla Chiesa senza macchia, né ruga, né alcunché di simile 70, della quale è stato anche detto: È una sola la mia colomba 71? Se non possono appartenervi, è chiaro che essa geme in mezzo agli stranieri, sia quelli che la insidiano dentro e sia quelli che abbaiano fuori. Questi peccatori, tuttavia, compresi quelli di dentro, ricevono, hanno e trasmettono un battesimo che è santo in sé e che non può essere affatto violato dalla loro malvagità, nella quale persistono sino alla fine. A questo proposito, il beato Cipriano ci insegna che dobbiamo considerare il battesimo in se stesso, come lo ha ricevuto la Chiesa, consacrato dalle parole del Vangelo, senza aggiungervi né mescolarvi nessuna perversità e malizia, né di chi lo riceve e né di chi lo trasmette. Egli infatti ci ricorda due cose: che dentro vi erano alcuni che non osservavano la benigna carità, ma vivevano nella invidia e nella malevola discordia, come quelli di cui ha parlato l'apostolo Paolo, e che gli invidiosi sono il partito del diavolo, come egli stesso attesta a chiare lettere nello scritto sulla gelosia e l'invidia. Quindi, poiché è chiaro che anche tra i partigiani del diavolo può esservi il santo sacramento di Cristo, non per la loro salvezza, ma per la loro condanna, e non solo se essi si pervertono dopo averlo ricevuto, ma anche se lo ricevono da perversi che, come dice Cipriano, rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti 72, e che quindi, se poi si correggono, non va ripetuto a loro ciò che avevano ricevuto da perversi, è ormai chiaro e limpido, io credo, che nella questione del battesimo non bisogna considerare chi lo dà, ma ciò che egli dà, non chi lo riceve, ma ciò che egli riceve, non chi lo ha, ma ciò che egli ha. Se infatti, i partigiani del diavolo, i quali non appartengono assolutamente all'unica colomba, possono ricevere, avere e dare la santità del battesimo, che non viene violata in nessuno modo dalla loro perversità, come siamo informati dalle lettere di Cipriano, perché attribuire agli eretici i beni altrui? Perché dire che è loro ciò che è di Cristo, anziché riconoscere in essi le insegne del nostro Imperatore ed emendare le azioni dei disertori?. Di conseguenza, altro è - come dice san Cipriano - che quelli che sono nella Chiesa parlano nel nome di Cristo, e altro che quelli che ne sono fuori e operano contro la Chiesa, battezzano nel nome di Cristo 73. Però, e molti che sono dentro, operano contro la Chiesa, vivendo male e coinvolgendo gli spiriti deboli nella loro cattiva vita, e alcuni che sono fuori, parlano nel nome di Cristo e noi non proibiamo ad essi di fare le opere di Cristo, ma di restare fuori, visto che, per guarirli, li riprendiamo, li rimproveriamo e li ammoniamo. In effetti, anche quel tale che non seguiva Cristo coi discepoli e scacciava i demoni 74 in nome suo, era fuori, ma il Signore ordinò loro di non impedirglielo, anche se lui andava certamente curato nella parte ferita, secondo le parole del Signore: Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde 75. Dunque, fuori, nel nome di Cristo, si fanno cose non contrarie alla Chiesa; dentro, i sostenitori del diavolo, operano contro la Chiesa.
Sia nella Chiesa che fuori bisogna correggere la perversità della gente.
11. 17. C'è anche un altro fatto sorprendente, la cui possibilità la scopre chi vi presta molta attenzione: alcuni, pur salvando la carità, insegnano una dottrina inutile come Pietro che obbligava i Gentili a giudaizzarsi 76, e lo stesso Cipriano, che obbligava gli eretici a ribattezzarsi - tanto che a questi membri buoni, radicati nella carità, ma che non camminavano, su qualche punto, nella retta via, l'Apostolo dice: E se in qualche cosa pensate diversamente, anche questo Dio ve lo rivelerà 77 -, alcuni, invece, pur senza la carità, insegnano una dottrina salutare, e sono quelli di cui il Signore dice: Essi siedono sulla cattedra di Mosè; quello che dicono fatelo, ma quello che fanno, non lo fate. Dicono infatti e non fanno 78. Così, anche l'Apostolo, di coloro che erano invidiosi e maligni, ma che predicavano la salvezza cristiana, dice: O per interesse o per sincerità: purché si annunzi Cristo 79. Di conseguenza, la perversità degli uomini va corretta dentro e fuori, mentre i sacramenti e gli insegnamenti di Dio non vanno attribuiti agli uomini. Non favorisce gli eretici, quindi, colui che non attribuisce ad essi ciò che, pur essendo presso di loro, riconosce che non è loro 80. No, noi non concediamo all'eretico il battesimo, ma riconosciamo il battesimo di Colui di cui è stato detto: Questi è Colui che battezza 81, ovunque lo troviamo. Quanto invece al perfido e al bestemmiatore, se egli persiste nella perfidia e nella bestemmia, non riceve la remissione dei peccati né fuori della Chiesa e né dentro la Chiesa; ma se la riceve, in quel preciso istante, per la potenza del sacramento, questa potenza opera sia fuori che dentro la Chiesa, come la potenza del nome di Cristo, che operava la espulsione dei demoni anche fuori.
Al perverso non giova il sacramento e tuttavia il sacramento resta santo.
12. 18. Noi infatti troviamo che, in tutte le loro lettere, gli Apostoli maledicono e detestano la sacrilega malvagità degli eretici, fino a dire che la loro parola si espande come una cancrena 82. E che? Di coloro che dicevano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriamo 83, non dichiara forse Paolo che erano corruttori di buoni costumi con le loro cattive compagnie, con questa frase: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi 84? Eppure ha fatto capire che essi erano dentro, quando ha detto: Come possono dire alcuni tra voi, che non c'è resurrezione dei morti? 85 E dov'è che egli non detesta gli avari? E ancora: si potrebbe forse usare un termine più forte per definire l'avarizia, che definirla idolatria, come l'Apostolo ha scritto 86, e né Cipriano lo ha inteso in altro senso 87, ma lo ha inserito, all'occorrenza, nelle sue lettere? Cipriano confessa, tuttavia, che ai suoi tempi, nella Chiesa, non c'erano avari qualunque, ma predoni e usurai; e che essi non erano semplici fedeli, ma vescovi. Certo, io vorrei pensare che quelli di cui l'Apostolo dice: La loro parola si espande come una cancrena 88, fossero fuori della Chiesa, ma proprio Cipriano non me lo permette. Scrivendo, infatti, ad Antoniano, per mostrargli che prima della separazione finale dei giusti e degli ingiusti, non bisogna assolutamente allontanarsi dall'unità della Chiesa, a causa della mescolanza con i cattivi, rivela com'era santo e veramente degno della gloria del martirio. Dice infatti: Che gonfiore di superbia, che oblio di umiltà e di dolcezza, che grande sfoggio della propria arroganza è quello di chi osa o crede di poter fare, ciò che il Signore non ha concesso neppure agli Apostoli, e cioè credere di poter separare la zizzania dal grano o, quasi che gli sia concesso di portare la pala e di mondare l'aia, cercare di separare la paglia dal grano; e malgrado l'Apostolo dica: " In una grande casa non vi sono solo vasi di oro e di argento, ma anche di legno e di coccio " 89, credere di scegliere i vasi d'oro e di argento, e di disprezzare, rifiutare e condannare quelli di legno e di coccio! Solo nel giorno del Signore, infatti, i vasi di legno saranno bruciati dall'incendio dell'ardore divino, e quelli di coccio infranti da colui al quale è stata data la verga di ferro 90! Cipriano, dunque, rimproverando in questi termini quelli che, per evitare, diciamo così, la compagnia dei cattivi, avevano rotto il vincolo dell'unità, mostra che nella grande casa di cui parla l'Apostolo, dove c'erano non solo i vasi d'oro e d'argento, ma anche quelli di legno e di coccio, non aveva inteso altro che la Chiesa, dove erano buoni e cattivi, in attesa di essere purgata, alla fine, come un'aia passata al ventilabro 91. Ma se è così, riconosce che nella Chiesa stessa, cioè nella stessa grande casa, c'erano dei vasi spregevoli, la cui parola si propagava come una cancrena. In effetti, parlando di essi l'Apostolo insegna: La loro parola si propaga come una cancrena. Tra essi vi è Imeneo e Fileto, i quali si sono allontanati dalla verità, dicendo che la resurrezione è già avvenuta; e così sconvolgono la fede di alcuni. Ma il fondamento posto da Dio sta saldo, e ha questo sigillo: Il Signore conosce i suoi; e si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore. In una grande casa, tuttavia, non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di coccio 92. Se, dunque questi, la cui parola si propagava come una cancrena, si trovavano nella grande casa come vasi spregevoli, e in questa casa Cipriano vide l'unità della Chiesa, violava forse il battesimo di Cristo la loro cancrena? Di conseguenza: né fuori e né dentro, né in sé e né in nessun altro, chi sta dalla parte del diavolo può macchiare il sacramento di Cristo. Quindi non dona la remissione dei peccati la parola che si insinua come una cancrena nelle orecchie degli uditori 93; però, quando il battesimo viene dato con le parole del Vangelo, qualunque perversità abbia in mente colui che lo dà o colui al quale viene dato, è santo in se stesso, per la virtù di Colui al quale appartiene. E se uno, pur ricevendolo per mezzo di un ministro perverso, non riceve la perversità del ministro, ma solo la santità del mistero, una volta che si congiunge all'unità della Chiesa nella buona fede, nella speranza e nella carità, riceve la remissione dei peccati non in forza delle parole che si propagano come una cancrena, ma dei sacramenti del Vangelo che emanano dalla fonte celeste. Ma se colui che lo riceve è perverso, allora ciò che si dona non giova alla salvezza del perverso; eppure il battesimo ricevuto resta in lui santo, e né, se egli si corregge, si ripete.
Come può battezzare chi è nelle tenebre.
13. 19. Non c'è dunque nessun rapporto tra la giustizia e l'iniquità 94; e non solo quella fuori, ma neanche quella dentro. Il Signore, infatti, conosce i suoi, e si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore 95. Come non c'è nessuna unione tra la luce e le tenebre 96, non solo quelle fuori, ma neppure quelle dentro. Chi infatti odia il proprio fratello - dice Giovanni - è ancora nelle tenebre 97. Certamente odiavano Paolo quelli che, annunciando Cristo per invidia, malizia e discordia, credevano di procurargli dolore in carcere 98, eppure erano dentro, come capì Cipriano. Ora, visto che le tenebre non possono illuminare e né l'ingiustizia giustificare, come Cipriano dice 99, chiedo come costoro possano battezzare nella Chiesa; chiedo come i vasi contenuti nella grande casa, non per usi nobili, ma spregevoli, possano, nella stessa grande casa, amministrare ciò che è santo per santificare gli uomini, se non perché la santità del sacramento non può essere macchiata dagli immondi, sia quando sono essi a darlo, e sia quando lo ricevono quelli che non cambiano in meglio il cuore e la vita. Di questi, che sono dentro, egli dice: Rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti 100.
Nella Chiesa vi sono dei peccatori, ma amministrano beni spirituali e divini.
13. 20. Anche dentro dunque ci sono i nemici di Dio, dei cui cuori si è impossessato lo spirito dell'Anticristo; eppure posseggono beni spirituali e divini 101, che né possono giovare a loro per la salvezza, fino a che restano perversi, né essi possono contaminare con la loro immondezza. Questo che Cipriano dice, quindi: Non hanno nessun potere sui doni della Chiesa e della salvezza, quelli che, dividendo e separando la Chiesa di Cristo, sono ritenuti, da Cristo, avversari, e dagli Apostoli, anticristi 102, va inteso in questo senso: sia fuori che dentro ci sono i perversi; e tuttavia, la separazione dalla santità e dall'unità della colomba di quanti sono dentro, in alcuni non la conosce solo Dio, ma anche gli uomini i quali, osservando la loro pessima vita pubblica e la loro costante malvagità, e confrontandola con le regole dei divini precetti, capiscono che è davvero molta la zizzania e la paglia, sia fuori che dentro, alla quale il Signore dirà alla fine, per separarla apertamente: Lontano da me operatori di iniquità 103, e: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli 104.
Dio chiama i peccatori alla conversione anche con i castighi.
14. 21. Certo, non dobbiamo disperare della conversione di nessuno, né di quelli dentro, né di quelli fuori, fino a che la pazienza di Dio li conduce alla penitenza 105 e castiga con la verga i loro delitti, con i flagelli i loro peccati. In tal modo, infatti, egli non ritira da loro la sua misericordia 106, se essi stessi hanno finalmente pietà della loro anima, piacendo a Dio 107. In realtà, come il giusto che persevererà sino alla fine sarà salvo 108, così il malvagio, fuori o dentro la Chiesa, che persevererà sino alla fine, non sarà salvo. E né noi diciamo che: Ovunque e comunque siano stati battezzati, essi ottengono la grazia del battesimo 109, se, per grazia del battesimo si intende la salvezza donata mediante la celebrazione del battesimo, ma diciamo che questa salvezza non la ottengono neppure molti che sono dentro, sebbene sia evidente che hanno il sacramento che in se stesso è santo. Fa bene, quindi, il Signore ad avvertirci nel Vangelo, di non dare retta ai cattivi consiglieri 110 che camminano nel nome di Cristo 111; questi però, si trovano fuori e dentro la Chiesa, poiché non escono fuori se prima non sono stati cattivi dentro. E non v'è dubbio che si riferiva ai vasi che sono nella grande casa l'Apostolo quando diceva: Se dunque uno si manterrà puro da tali cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al padrone, sempre pronto per ogni opera buona 112. E come ci si debba mantenere puri da queste cose, lo ha mostrato poco prima, dicendo: Si allontani dall'iniquità chiunque invoca il nome del Signore 113, per non sentirsi alla fine dire con la paglia, sia quella che è volata prima dall'aia, e sia quella che dovrà essere separata l'ultimo giorno: Lontano da me, operatori di iniquità 114. Da questo appare chiaro, come dice Cipriano, che non bisogna immediatamente accettare e prendere tutto ciò che viene vantato nel nome di Cristo, ma solo ciò che viene operato nella verità di Cristo 115. Ma certamente non è operare nella verità di Cristo, rapire i terreni con insidiose frodi, aumentare il capitale moltiplicando gli interessi 116, rinunciare al mondo solo a parole e non a fatti 117. E che tutte queste cose si facciano anche dentro la Chiesa, lo dichiara, da testimone molto autorevole, lo stesso Cipriano.
Gli eretici vengono alla Cattolica non per vedersi ripetere il dono di Dio.
15. 22. Cipriano poi fa un lungo discorso per dire che quelli che bestemmiano il Padre di Cristo, non possono essere battezzati in Cristo 118. Ma poiché è chiaro che, per bestemmia, s'intende il loro errore, in quanto non si può dire che chi si accosta al battesimo di Cristo bestemmia esplicitamente il Padre di Cristo 119, ma che, avendo una idea diversa da quella che la verità insegna sul Padre di Cristo noi lo convinciamo di bestemmia - noi abbiamo mostrato chiaramente, che nel battesimo consacrato dalle parole del Vangelo, non entra né l'errore di chi lo dà e né di chi lo riceve, anche se egli ha, del Padre o del Figlio o dello Spirito Santo, un'idea diversa da quella che ci comunica la dottrina del cielo. Molti uomini carnali e animali, infatti, vengono battezzati anche nella Chiesa, malgrado l'Apostolo dica chiaramente: L'uomo animale non comprende le cose dello Spirito di Dio 120; ed egli li considera animali, anche dopo che hanno ricevuto il battesimo 121. Ora, secondo il senso carnale, un'anima dedita ai sensi del corpo non può avere di Dio che un concetto carnale. Perciò molti che progrediscono dopo il battesimo, e in particolare quelli che sono stati battezzati da bambini o da fanciulli, via via che il loro intelletto si rischiara e si illumina, e il loro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno 122, tutte le opinioni che avevano su Dio, quando si trastullavano coi loro fantasmi, le rigettano, le deridono e le odiano. Non per questo, tuttavia, riteniamo che non hanno ricevuto il battesimo, o diciamo che hanno ricevuto un battesimo tale e quale al loro errore, ma in essi, rispettiamo l'integrità del sacramento e purifichiamo la falsità della loro mente, anche se questa, rafforzata e, forse, giustificata dalle molte discussioni, si era indurita. Di conseguenza, anche l'eretico che è chiaramente fuori e vi ha ricevuto il battesimo, non ha certamente ricevuto un battesimo uguale all'errore che lo acceca. Quindi, se, rinsavendo, si accorge che deve lasciare il male che aveva, non deve, allo stesso tempo, lasciare il bene ricevuto; e non perché in lui va condannato il suo errore, va rifiutato anche il battesimo di Cristo. Pertanto, da quelli che hanno avuto la sorte di essere battezzati nella Chiesa, pur avendo un falso concetto di Dio, risulta chiaro, ormai, che va distinta la verità del sacramento, dall'errore del falso credente; quantunque le due cose possano trovarsi nella stessa persona. Ecco perché, quando uno, pur essendo fuori nell'errore, è stato battezzato col vero sacramento, quando ritorna all'unità della Chiesa, se alla fede falsa subentra la vera, non ugualmente al battesimo vero subentra il vero battesimo. Una cosa, infatti, non può subentrare a se stessa, perché non può separarsi da se stessa. Perciò gli eretici vengono alla Cattolica per essere corretti dal loro male e non per vedersi ripetere un bene di Dio.
Negli eretici e scismatici si deve correggere lo scisma non la verità del battesimo.
16. 23. Dirà qualcuno: Non c'è nessuna differenza, dunque, tra due uomini, immersi nello stesso errore e nella stessa malizia, dei quali, senza cambiare né la vita e né il cuore, uno si fa battezzare fuori e l'altro dentro? Certo che c'è. È peggiore chi si fa battezzare fuori; e non perché si fa battezzare, ma perché sta fuori - dato che lo scisma non è un male inesistente e lieve - purché chi si fa battezzare dentro, sia voluto restare dentro, non per un vantaggio terreno e provvisorio, ma perché ha preferito l'unità della Chiesa diffusa in tutto il mondo agli smembramenti degli scismi; se no anche lui deve essere considerato fuori. Prendiamo dunque due individui: uno di essi ha su Cristo, per esempio, la stessa opinione di Fotino, e si fa battezzare nella sua eresia, fuori la comunione della Chiesa cattolica; anche l'altro la pensa allo stesso modo, ma si fa battezzare nella Cattolica, ritenendola la vera fede cattolica. Costui ancora non lo chiamerei eretico, a meno che, una volta che gli sia stata chiarita la dottrina della fede cattolica, abbia preferito rifiutarla e scegliere di restare della sua precedente opinione. Ma prima che questo avvenga, è evidente che è peggiore quello che sta fuori. Quindi, nel secondo va corretta solo una falsa opinione, nel primo anche il male dello scisma. In nessuno dei due, comunque, va ripetuto il sacramento validamente ricevuto. Ma se un terzo ha la stessa idea degli altri due e viene a sapere che esiste una eresia separata dall'unità cattolica, dove la si insegna e impara ma, per via di un vantaggio temporale, vuole farsi battezzare nell'unità cattolica o, già battezzato in essa, non ne vuole uscire proprio per questa ragione, non solo va considerato separato, ma tanto più scellerato, quanto più aggiunge, all'errore dell'eresia e alla separazione dall'unità, la finzione dell'inganno. Perciò, la deviazione di un uomo, quanto più è pericolosa e distorta, tanto più va corretta con urgenza e impegno. Ma non per questo, se egli ha una cosa sana, specie se non è sua, ma di Dio, va considerata, a causa della sua malvagità, come inesistente, o disprezzata al pari dell'altra, o attribuita alla sua stessa malvagità, anziché alla generosità di Colui il quale, anche all'anima che si prostituiva lontano da Lui e andava dietro ai suoi amanti, ha donato il suo pane, il suo vino, il suo olio e altri alimenti o ornamenti, che non vengono da lei e né dai suoi amanti, ma da Colui che, mosso a pietà per lei, ha voluto dappertutto ricordarle da chi deve ritornare 123.
Tutto ciò che gli scismatici hanno fuori della Chiesa non vale per la salvezza.
17. 24. Dice Cipriano: Può, la forza del battesimo, essere più grande e più potente della confessione della fede e del martirio, con cui un martire confessa Cristo davanti agli uomini e viene battezzato dal sangue versato? Eppure, neanche questo battesimo giova all'eretico se, pur confessando Cristo, viene ucciso fuori della Chiesa 124. È verissimo. Un uomo ucciso fuori della Chiesa, dimostra di non possedere la carità di cui l'Apostolo dice: Se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, non mi giova niente 125. Ma se, per l'assenza della carità, il martirio non gli giova a niente, allora esso non serve neanche a quelli che, come dice san Paolo e come Cipriano commenta, vivono dentro nell'invidia e nella malevolenza senza la carità; eppure possono ricevere e trasmettere il vero battesimo 126. Fuori della Chiesa, non c'è salvezza 127. E chi lo nega? Per questo tutti i beni che abbiamo della Chiesa, fuori della Chiesa non giovano alla salvezza. Ma un conto è non averli affatto e un conto non averli utilmente. Chi non li ha, per averli deve farsi battezzare, mentre, chi non li ha utilmente, per averli utilmente deve correggersi. No, non è corrotta l'acqua nel battesimo degli eretici 128, perché non è cattiva la materia che Dio ha creato, né sono da riprovare le parole del Vangelo negli erranti, ma solo l'errore di coloro che hanno anima adultera, anche se essa riceve il suo ornamento dallo Sposo legittimo. Possiamo quindi avere in comune il battesimo con gli eretici e gli scismatici 129, e possiamo avere in comune anche il Vangelo, sebbene il loro errore sia lontano dalla nostra fede, sia perché sul Padre o sul Figlio o sullo Spirito Santo hanno un concetto ben lontano dalla verità, e sia perché, una volta separatisi dall'unità, non raccolgono con Cristo, ma disperdono 130. Noi infatti, se siamo grano del Signore, pur vivendo dentro con gli avari, con i predoni, con gli ubriachi e con tutte quelle pesti, di cui è detto: Non possederanno il regno di Dio 131, possiamo avere in comune il sacramento del battesimo, ma non avere in comune i vizi che li separano dal regno di Dio.
Confronto tra un peccatore eretico e un peccatore cattolico.
18. 25. Non è solo delle eresie, infatti, che l'Apostolo dice: Quanti fanno queste cose non possederanno il regno di Dio 132. Non ci dispiaccia di prestare un po' di attenzione all'elenco completo: Sono ben note le opere della carne - egli dice -; esse sono: fornicazioni, impurità, lussurie, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordie, gelosie, dissensi, eresie, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Io ve lo preavviso, come ho già fatto, che quelli che fanno queste cose, non possederanno il regno di Dio 133. Ecco allora un uomo casto, continente, non avaro, non idolatra, ospitale, servitore dei poveri, non nemico di nessuno, non litigioso, paziente, calmo; di nessuno geloso, di nessuno invidioso, sobrio, frugale, ma eretico. Certamente nessuno dubita che, solo perché eretico, non possederà il regno di Dio. Eccone allora un altro: fornicatore, impuro, lussurioso, avaro o anche molto apertamente dedito all'idolatria, stregone, litigioso, geloso, irascibile, sedizioso, invidioso, ubriacone, gozzovigliatore, ma cattolico. E che? Solo perché cattolico, costui possederà il regno di Dio, malgrado compia le azioni di cui l'Apostolo dice nella conclusione: Ve lo preavviso, come ho già fatto, quelli che fanno tali cose non possederanno il regno di Dio 134? Se lo diciamo, inganniamo noi stessi 135. In effetti, la Parola di Dio non ci inganna; è una Parola che non tace, non risparmia, non inganna con adulazioni. Perciò l'Apostolo dice anche altrove: Sappiatelo e mettetevelo bene in mente: nessun fornicatore o impuro o avaro, che è come un idolatra, erediterà il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vuote parole 136. Non c'è dunque motivo di lamentarci della Parola di Dio. È una Parola assoluta, chiara e franca; essa dice che quanti vivono male non appartengono al regno di Dio.
La Scrittura non promette l'impunità al peccatore cattolico.
19. 26. Se dunque un cattolico è circondato da tutti questi vizi, non aduliamolo e non osiamo promettergli, perché cristiano cattolico, l'impunità che la Scrittura divina non gli promette. Anche se avesse uno solo di questi vizi, non dobbiamo promettergli la società della patria lassù. Nella lettera ai Corinzi, infatti, Paolo li elenca uno per uno, e per ciascuno sottintende: non possederanno il regno di Dio. Egli dice, infatti: Non illudetevi: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né i calunniatori, né i rapaci, possederanno il regno di Dio 137. Non dice: Coloro che hanno tutti questi vizi insieme, non possederanno il regno di Dio, ma: Né quelli, né quelli. Sicché, per ognuno di essi puoi sottintendere: non possederà il regno di Dio. Quindi, come non possederanno il regno di Dio gli eretici, così non lo possederanno gli avari. E neppure dobbiamo dubitare che le pene stesse con le quali saranno tormentati quelli che non possederanno il regno di Dio, non siano diverse per i diversi crimini e che alcune non siano più acute di altre, sicché, nello stesso fuoco eterno, alla diversa gravità dei peccati, corrispondano pene e tormenti diversi. Il Signore non ha detto invano: Ci sarà più tolleranza per i sodomiti che per voi nel giorno del giudizio 138. Eppure, quanto a non possedere il regno di Dio, il vizio più moderato che scegli, ha le stesse conseguenze di quello o di quelli che ritieni più gravi. E poiché il Regno di Dio lo possederanno quelli che il giudice supremo porrà alla sua destra, a quelli che non meriteranno di stare alla sua destra, non resterà che la sinistra. Nessun'altra voce resterà loro di ascoltare, che quella rivolta ai capri, dalla bocca del Pastore: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli 139, benché da quel fuoco, come ho detto, la distribuzione dei supplizi varia, secondo la diversità dei crimini.
Se sia preferibile un cattolico che conduce una cattiva vita, a un uomo che è solo eretico.
20. 27. Se poi sia preferibile un cattolico dai pessimi costumi a un eretico, nella cui vita, tranne l'eresia, la gente non trova niente altro da riprendere, non oso dare un giudizio affrettato. Ma se uno dicesse: " poiché è eretico, non può limitarsi a questo senza avere altre conseguenze; egli infatti è un uomo carnale e animale 140 e perciò, necessariamente anche geloso, stizzoso, invidioso, nemico della verità e suo contestatore ", allora dovrebbe capire che dei mali dei quali egli ha scelto il meno grave, non può esservi, in un eretico, uno solo, per il semplice motivo che egli è un uomo carnale e animale. È il caso dell'ubriachezza, che ormai la gente non solo suole nominare senza orrore, ma proclamare ridendo: ebbene, pensate che dove essa si trova, possa trovarsi da sola? Quale ubriaco, infatti, non è anche litigioso, stizzoso, invidioso, contestatore della saggezza dei suoi maestri e nemico di chi lo rimprovera duramente? Inoltre, è difficile che non sia anche impudico e adultero. Tuttavia può non essere eretico, come un eretico può non essere un ubriacone, un adultero, un impudico, un lussurioso o un venale o uno stregone; e può non essere tutto questo insieme. Un solo vizio, infatti, non implica tutti gli altri. Pertanto, di fronte a questi due casi: quello di un cattolico con tutti questi vizi e di un eretico senza i vizi che potrebbero non essere in un eretico, quantunque tutt'e due non polemizzino contro la fede, è pur vero che tutt'e due vivono contro la fede; tutt'e due si lasciano illudere dalla vana speranza; tutt'e due dissentono dalla carità spirituale e, perciò, tutt'e due sono estranei al corpo dell'unica colomba 141, perché in uno riconosciamo il sacramento di Cristo, e in un altro non vogliamo riconoscerlo? Ma non ci comportiamo come se esso appartenesse all'uno o all'altro, mentre è sempre lo stesso sacramento che hanno entrambi, ma appartiene a Dio e, anche se lo hanno i malvagi, è un bene. Se poi delle persone che lo hanno, una è peggiore e l'altra migliore, non per questo il sacramento è peggiore in una che in un' altra. Neppure tra due cattolici cattivi, infatti, se uno fosse peggiore di un altro, anche il suo battesimo è peggiore; e né se uno di essi è buono e l'altro cattivo, il battesimo, nel cattivo è cattivo, e nel buono è buono. Esso è buono in entrambi. Come la luce del sole o di una lucerna: certamente non è più debole negli occhi più infermi che nei più sani, ma è la stessa in entrambi, sebbene le conseguenze siano diverse, secondo la loro diversità: o li rallegra o li brucia.
La posizione dei catecumeni di fronte al Regno di Dio.
21. 28. Quanto all'obiezione fatta a Cipriano circa i catecumeni che, sorpresi a testimoniare la fede e uccisi per il nome di Cristo, ricevevano la corona anche senza il battesimo 142, come c'entri con la nostra questione non lo capisco. Forse perché i Donatisti sostenevano che gli eretici, avendo il battesimo di Cristo, avevano una ragione in più per venire ammessi al suo regno dove erano ammessi i catecumeni. Il Signore, infatti, aveva detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli 143. Ma io neppure esito a preferire un catecumeno cattolico, ardente di amore divino, a un eretico battezzato. Del resto, anche nella Cattolica, noi preferiamo un catecumeno buono a un battezzato cattivo, e non per questo facciamo oltraggio al sacramento del battesimo, di cui il catecumeno non è ancora bagnato e l'eretico sì; e né crediamo che il sacramento del catecumeno sia da preferirsi al sacramento del battesimo, per il solo fatto che ammettiamo che un catecumeno può essere più fedele e più retto di un battezzato. Così, era migliore il centurione Cornelio, non ancora battezzato, che Simone, battezzato. Cornelio, infatti, già prima del battesimo, fu ripieno di Spirito Santo 144, Simone, invece, anche dopo il battesimo, si è gonfiato dello spirito impuro 145. Cornelio, tuttavia, se anche dopo aver ricevuto lo Spirito Santo avesse rifiutato il battesimo, si sarebbe reso reo del disprezzo verso un sacramento tanto grande. Quando poi è stato battezzato, non ha sicuramente ricevuto un sacramento più santo di quello di Simone, ma sotto l'unica santità di uno stesso sacramento, si sono distinti i diversi meriti. Pertanto, né accresce né diminuisce la santità del battesimo, la dignità o l'indegnità dell'uomo. Ma, come al catecumeno buono manca il battesimo per ottenere il regno dei cieli, così al battezzato cattivo manca la vera conversione. Infatti, Colui che ha detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli 146, ha anche detto: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli 147. In effetti, perché la giustizia del catecumeno non fosse ritenuta sicura, è stato detto: Se uno non rinasce dall'acqua e dallo Spirito, non entrerà nel regno dei cieli. Al contrario, per evitare che, ricevuto il battesimo, l'iniquità si ritenesse sicura, è stato detto: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. L'uno senza l'altra non gli basta; tutte e due insieme, lo rendono l'erede di questo bene. Ora, come non va rifiutata la giustizia di un uomo, incominciata prima della sua unione alla Chiesa, com'era incominciata la giustizia di Cornelio prima che entrasse nel popolo cristiano - del resto, se era da rifiutare, l'angelo non gli avrebbe detto: Le tue elemosine sono state accolte e le tue preghiere esaudite 148; e se questo gli fosse bastato per possedere il regno dei cieli, non lo avrebbe esortato ad inviare a Pietro dei messaggeri - così non va rifiutato il sacramento evangelico del battesimo, anche se ricevuto fuori della Chiesa. Ma poiché esso non giova alla salvezza, senza che colui che ha l'integrità del battesimo, si corregga dalla sua malvagità e si incorpori alla Chiesa, correggiamo l'errore degli eretici e riconosciamo in essi ciò che non è loro, ma di Cristo.
Il martirio può sostituire il battesimo in qualche caso.
22. 29. Certamente qualche volta il martirio può supplire il battesimo. Dall'episodio del buon ladrone al quale, benché non battezzato, fu detto: Oggi sarai con me in Paradiso 149, Cipriano desume una prova non irrilevante 150. Ma, esaminando ben bene l'episodio, io trovo che non è solo il martirio nel nome di Cristo che può supplire la mancanza del battesimo, ma è anche la fede e la conversione del cuore, se, la ristrettezza dei tempi rendesse impossibile la celebrazione del mistero del battesimo. Il ladrone, infatti, non fu crocifisso per il nome di Cristo, ma per i suoi delitti, e non soffrì perché credette, ma credette mentre soffriva. Che valore abbiano, quindi, anche senza il sacramento visibile del battesimo, le parole dell'Apostolo: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si confessa la fede per la salvezza 151, lo abbiamo spiegato parlando del buon ladrone. Ma questo effetto invisibile si ottiene solo quando non è il disprezzo della religione a far omettere la celebrazione del battesimo, ma l'urgente necessità. In effetti, è soprattutto nell'episodio di Cornelio e dei suoi amici, più che in quello del buon ladrone, che si potrebbe vedere che era superfluo battezzarli anche con acqua, poiché in essi il dono dello Spirito Santo, che gli altri avevano ricevuto solo dopo essere stati battezzati, come attesta la Scrittura, si manifestava anche con il segno specifico, opportuno per il tempo, i battezzati parlavano le lingue. Eppure, sono stati battezzati: e su questo ci resta l'autorità degli Apostoli. Perciò nessuno, che ha fatto anche un grande progresso nell'uomo interiore e che prima del battesimo è cresciuto nella pietà del cuore fino all'intelligenza spirituale, deve disprezzare il sacramento che viene applicato dall'azione dei ministri, mediante la quale Dio realizza spiritualmente la consacrazione dell'uomo. E io credo che per nessun altro motivo fu affidato a Giovanni il compito di dare il battesimo, tanto da essere chiamato battesimo di Giovanni se non perché il Signore stesso, che glielo aveva dato, non disdegnando di ricevere il battesimo del suo servo 152, voleva proporre la via dell'umiltà, e proclamare apertamente, con questo gesto, che avremmo dovuto tenere in grande stima il battesimo, col quale egli avrebbe battezzato. Come medico molto esperto nella salute eterna, egli vedeva che non sarebbe mancata la cancrena di alcuni che, avendo fatto tanti progressi nell'intelligenza della verità e nei provati costumi, tanto da non avere la benché minima esitazione ad anteporsi, per vita e dottrina, a molti battezzati, avrebbero creduto superfluo per loro farsi battezzare, persuasi com'erano di essere arrivati a quell'abito interiore, al quale molti battezzati cercavano ancora di salire.
Il valore e l'effetto del rito esterno del sacramento.
23. 30. Quale valore abbia e quale effetto realizzi, in un uomo, la santificazione del sacramento ricevuta con il segno corporeo - di cui, però, il buon ladrone non restò privo, perché non gli mancò la volontà di riceverla, ma ci fu la necessità di non riceverla - è difficile dirlo. Certo, se non avesse un valore molto grande, il Signore non avrebbe ricevuto il battesimo del suo servo. Ma se la dobbiamo considerare in se stessa, prescindendo dalla salvezza dell'uomo, alla cui perfezione è finalizzata, allora indica chiaramente che nei malvagi e in quelli che rinunciano al mondo solo a parole e non a fatti 153, essa è integra, benché essi, se non si correggono, non possano ricevere la salvezza. Ma come nel ladrone, al quale mancò per necessità, la salvezza si è realizzata, poiché, grazie alla sua pietà, è stata spiritualmente presente, così, anche quando essa è a disposizione, se, per necessità, manca ciò che non mancò nel ladrone, la salvezza si realizza. Questa è la tradizione che tutta la Chiesa conserva nel battesimo dei neonati, che certamente non possono ancora credere col cuore per avere la giustizia, né confessare con la bocca per avere la salvezza, come poté fare il ladrone. Essi, anzi, coi loro pianti e vagiti, quando su di loro si celebra il mistero, coprono perfino il suono delle parole misteriose; eppure, nessun cristiano oserà dire che si battezzano a vuoto.
Confronto con la circoncisione.
24. 31. Se poi su questo si volesse cercare l'avallo dell'autorità divina, è molto ragionevole credere che una prassi conservata da tutta la Chiesa e non istituita dai concili, ma sempre conservata, non può averla tramandata che l'autorità degli Apostoli. Noi però possiamo immaginare l'efficacia del sacramento del battesimo nei bambini, dalla circoncisione della carne che ricevette il primo popolo, e dalla quale Abramo fu giustificato prima di riceverla 154; come Cornelio fu arricchito del dono dello Spirito Santo, prima di essere battezzato. Però, l'Apostolo dice di Abramo: Ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia derivante dalla fede 155, colui che aveva già creduto con il cuore e gli era stato accreditato come giustizia 156. Perché, allora, gli venne ordinato di circoncidere l'ottavo giorno ogni bambino maschio 157, che non avrebbe potuto ancora credere con il cuore, perché gli fosse accreditato come giustizia, se non perché il sacramento aveva un grande valore in se stesso? Questo è stato manifestato da un angelo nel caso del figlio di Mosè. Quando infatti la madre lo portava ancora in braccio, incirconciso, il padre fu costretto a circonciderlo per un incombente ed evidente pericolo 158; dopodiché il male fu debellato. Ora, come in Abramo, precedette la giustizia derivante dalla fede e seguì la circoncisione come sigillo della giustizia derivante dalla fede, così, in Cornelio, precedette la santificazione spirituale nel dono dello Spirito Santo, e seguì il sacramento della rigenerazione col lavacro del battesimo. E come in Isacco, circonciso l'ottavo giorno della sua nascita, precedette il sigillo della giustizia derivante dalla fede e, avendo egli imitato la fede del padre, da adulto seguì la giustizia, il cui sigillo lo aveva preceduto da bambino, così, nei bambini battezzati, prima viene il sacramento della rinascita e, se essi conserveranno la pietà cristiana, seguirà, poi, la conversione nel cuore, il cui mistero l'ha preceduta nel corpo. E come nel buon ladrone, quello che mancava del sacramento del battesimo, lo supplì la bontà dell'Onnipotente, poiché non gli mancava per orgoglio o per disprezzo, ma per necessità, così bisogna credere che nei bambini che muoiono appena battezzati, la stessa grazia dell'Onnipotente compie la salvezza. Non è per cattiva volontà, infatti, ma per incapacità dell'età, se essi non possono credere con il cuore, per avere la giustizia, e confessare con la bocca, per avere la salvezza. Perciò, quando per loro rispondono altri, affinché possa compiersi in loro la celebrazione del sacramento, vale certamente per la loro consacrazione, poiché essi non possono rispondere. Ma se al posto di chi può rispondere, risponde un altro, questo non vale. In vista di questa norma nel Vangelo è stata detta una cosa che colpisce tutti i suoi lettori: Ha la sua età, risponda lui 159.
Altro è il sacramento ed altro la conversione del cuore.
25. 32. Tutto ciò dimostra che un conto è il sacramento del battesimo e un conto la conversione del cuore, e che la salvezza dell'uomo è completa solo con entrambi. Ma se manca uno solo di questi due elementi, non bisogna credere che, di conseguenza, manchi anche l'altro. In effetti, mentre nel bambino può esserci il sacramento senza la conversione, nel ladrone poté esserci la seconda senza il primo; Dio infatti completa nell'uno e nell'altro, quanto involontariamente manca. Ma quando la mancanza di uno dei due elementi è voluta, l'uomo è complice di colpa. Per la verità, il battesimo può esserci anche senza la conversione del cuore; la conversione del cuore invece, può, sì, esserci senza aver ricevuto il battesimo, ma se si è disprezzato il battesimo, non può esserci. Non si deve mai dire che c'è la conversione del cuore a Dio, quando si disprezza il sacramento di Dio. A ragione, quindi, noi biasimiamo, anatematizziamo, detestiamo e abominiamo la perversità del cuore degli eretici; tuttavia non si può dire che non hanno il sacramento evangelico, quelli che non hanno ciò che lo rende utile 160. Perciò, quando costoro vengono alla fede e alla verità e, facendo penitenza, chiedono la remissione dei loro peccati, noi non li inganniamo né illudiamo se, dopo averli corretti e riformati nella parte in cui sono depravati e perversi, li istruiamo nelle discipline celesti, necessarie ad ottenere il regno dei cieli, in modo che, ciò che in essi vi è di integro, non lo violiamo in nessuna maniera e, ciò che nell'uomo appartiene a Dio, non lo diciamo, per colpa dell'uomo, né nullo né cattivo.
Il battesimo di Giovanni.
26. 33. Restano ormai pochi brani della lettera a Giubaiano. Ma poiché essi trattano e dell'antica consuetudine della Chiesa e del battesimo di Giovanni, che suole suscitare una non piccola questione in quelli che prestano poca attenzione al fatto chiarissimo che l'Apostolo ha ordinato di battezzare quanti avevano ricevuto il battesimo di Giovanni 161, allora non vanno esaminati con negligenza, ma rimandati a un altro volume, perché questo non abbia una misura eccessiva.
1 - Cf. CYPR., Ep. 73, 10, 3.
2 - Cf. Gn 2, 10-14.
3 - Cf. Mt 16, 18-19.
4 - Cf. Gal 4, 22, 31.
5 - CYPR., Ep. 73, 11, 2.
6 - CYPR., Ep. 11, 1.
7 - Tt 1, 16.
8 - 1 Pt 3, 21.
9 - CYPR., Ep. 73, 11, 3.
10 - Cf. Ef 5, 26-27.
11 - Ct 6, 8.
12 - Cf. Rm 14, 6. Cf. CYPR., Ep. 11, 1.
13 - Rm 14, 5.
14 - Cf. Rm 8, 29; Ef 1, 4.
15 - CYPR., Ep. 11, 1.
16 - Mt 7, 23.
17 - CYPR., Ep. 73, 11, 3.
18 - Cf. CYPR., Ep. 11, 1.
19 - CYPR., Ep. 73, 12, 2.
20 - CYPR., Ep.11, 1.
21 - Cf. Ef 5, 27.
22 - Cf. CYPR., Ep. 11, 1.
23 - CYPR., Ep. 73, 12, 2.
24 - 1 Cor 6, 10.
25 - Ef 5, 5; Col 3, 5.
26 - Cf. CYPR., Ep. 55, 27.
27 - 2 Cor 6, 16.
28 - Cf. CYPR., Ep. 73, 12, 2.
29 - CYPR., Ep. 73, 13, 1.
30 - 1 Tm 1, 13.
31 - 2 Tm 2, 24.
32 - Cf. CYPR., Ep. 74, 10.
33 - Col 3, 5.
34 - Cf. CYPR., Ep. 55, 27.
35 - Ef 5, 5.
36 - Col 3, 5.
37 - 1 Tm 1, 13.
38 - Ef 5, 5.
39 - CYPR., Ep. 73, 13, 3.
40 - CYPR., Ep. 73, 13, 1.
41 - Cf. Gal 2, 14.
42 - Cf. CYPR., Ep. 73, 13, 3.
43 - CYPR., Ep. 73, 13, 3.
44 - Cf. CYPR., Ep. 73, 14, 1.
45 - Fil 1, 18.
46 - CYPR., Ep. 73, 14, 2, 3.
47 - Cf. Fil 1, 15-17.
48 - Cf. Ct 4, 12.
49 - Lc 2, 14.
50 - Sap 2, 24-25.
51 - Cf. Fil 3, 15.
52 - 1 Cor 11, 16.
53 - CYPR., Ep. 73, 26.
54 - Rm 2, 21.
55 - CYPR., De lapsis 6.
56 - 1 Cor 6, 10.
57 - Sal 14, 5.
58 - Ef 5, 5.
59 - Cf. 1 Cor 9, 22.
60 - Cf. Mt 13, 29.
61 - Cf. Fil 1, 15-18.
62 - Sap 2, 24-25.
63 - Mt 13, 28. 25.
64 - Cf. 2 Cor 5, 6.
65 - Cf. Mt 13, 23; Lc 8, 15. 65.
66 - Cf. Ap 2, 6.
67 - Cf. At 8, 9-24.
68 - Cf. Fil 2, 21.
69 - 1 Cor 13, 5.
70 - Cf. Ef 5, 27.
71 - Ct 6, 8.
72 - Cf. CYPR., Ep. 11, 1.
73 - CYPR., Ep. 73, 14, 3.
74 - Cf. Lc 9, 49-50.
75 - Mt 12, 30.
76 - Cf. Gal 2, 14.
77 - Fil 3, 15.
78 - Mt 23, 2-3.
79 - Fil 1, 18.
80 - Cf. CYPR., Ep. 73, 14, 3.
81 - Gv 1, 33.
82 - CYPR., Ep. 73, 15, 1.
83 - 1 Cor 15, 32.
84 - 1 Cor 15, 33.
85 - 1 Cor 15, 12.
86 - Cf. Ef 5, 5.
87 - Cf. CYPR., Ep. 55, 27.
88 - 2 Tm 2, 17.
89 - 2 Tm 2, 20.
90 - Cf. Sal 2, 9; CYPR., Ep. 55, 25.
91 - Cf. Mt 3,12.
92 - 2 Tm 2, 17-20.
93 - Cf. CYPR., Ep. 73, 15, 1.
94 - 2 Cor 6, 14.
95 - 2 Tm 2, 19.
96 - 2 Cor 6, 14.
97 - Gv 2, 9.
98 - Cf. Fil 1, 15-17.
99 - CYPR., Ep. 73, 15, 1.
100 - CYPR., Ep. ll, 1.
101 - CYPR., Ep. 73, 15, 1.
102 - CYPR., Ep. 73, 15, 2.
103 - Mt 7, 23.
104 - Mt 25, 41.
105 - Cf. Rm 2, 4.
106 - Cf. Sal 88, 33-34.
107 - Cf. Sir 30, 24.
108 - Cf. Mt 24, 13.
109 - CYPR., Ep. 73, 16, 1.
110 - Cf. Mc 13, 21.
111 - CYPR., Ep. 73, 16, 1-2.
112 - 2 Tm 2, 21.
113 - 2 Tm 2, 19.
114 - Mt 7, 23.
115 - CYPR., Ep. 73, 16, 2.
116 - Cf. CYPR., De lapsis 6.
117 - Cf. CyPR., Ep. 11, 1.
118 - CYPR., Ep. 73, 17-19.
119 - Cf. CYPR., 73, 17-19.
120 - 1 Cor 2, 14.
121 - Cf. 1 Cor 3, 2.
122 - Cf. 2 Cor 4, 16.
123 - Cf. Os 2, 5-7.
124 - CyPR., Ep. 73, 21, 1.
125 - 1 Cor 13, 3.
126 - Cf. CYPR., De lapsis 6; Ep. 11, 1.
127 - CYPR., Ep. 73, 21, 2.
128 - Ibidem.
129 - CYPR., Ep. 73, 21, 3.
130 - Cf. Mt 12, 30.
131 - 1 Cor 6, 10.
132 - Gal 5, 21.
133 - Gal 5, 19-21.
134 - Gal 5, 21.
135 - Cf. 1 Gv 1, 8.
136 - Ef 5, 5-6.
137 - 1 Cor 6, 9-10.
138 - Mt 11, 24.
139 - Mt 25, 41.
140 - Cf. 1 Cor 2, 14.
141 - Cf. Ct 6, 8.
142 - CYPR., Ep. 73, 22, 1.
143 - Gv 3, 5.
144 - Cf. At 10.
145 - Cf. At 8. 13. 18-19.
146 - Gv 3, 5.
147 - Mt 5, 20.
148 - At 10, 4. 31.
149 - Lc 23, 43.
150 - Cf. CYPR., Ep. 73, 22, 2.
151 - Rm 10, 10.
152 - Cf. Mt 3, 6. 13; Fil 2, 7.
153 - Cf. CYPR., Ep. 11, 1.
154 - Cf. Gc 2, 21.
155 - Rm 4, 11.
156 - Cf. Rm 4, 3. 10, 10.
157 - Cf. Gn 17, 9-14.
158 - Cf. Es 4, 24-26.
159 - Gv 9, 21.
160 - Cf. CYPR., Ep. 73, XXII, 3.
161 - Cf. At 19, 3-5.