Parte da oggi la distribuzione della pillola abortiva negli ospedali italiani. Ma per molte pazienti ci sarà ancora da aspettare. L'avvento dei nuovi governi regionali potrebbe rallentare o addirittura fermare l'impiego della Ru 486 in più di una Regione, soprattutto in quelle governate dal Pdl.
Un segnale forte della nuova aria che tira dopo le elezioni arriva dal neo-presidente del Piemonte, Roberto Cota, che ha già minacciato di lasciare «marcire nei magazzini» le confezioni del nuovo medicinale autorizzato dall'Agenzia del farmaco nell'ottobre scorso. «Sono per la difesa della vita – ha detto Cota – e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero». Una posizione, questa, che segna un netto dietrofront rispetto all'ex presidente del Piemonte Mercedes Bresso, che si era detta favorevole al ritorno a casa della donna senza l'obbligo del ricovero.
Le parole di Cota hanno incassato, da una parte, apprezzamenti, come quello di Enrico La Loggia, vice presidente del gruppo del Pdl alla Camera. E dall'altra dure critiche. Come quelle di Enrico Rossi, neo presidente della Regione Toscana, che bolla le parole del collega del Piemonte come «stupidaggini»: «Il farmaco di cui si parla ha ottenuto l'autorizzazione – ha spiegato l'ex assessore toscano alla Salute – e poi in Italia è garantita la libertà terapeutica, un ambito che riguarda solo il medico, il paziente e il loro rapporto. Tutto il resto sono chiacchiere inutili».
A frenare l'arrivo della "pillola della discordia" nei nostri ospedali potrebbe essere anche un altro ostacolo burocratico suggerito, ieri, dal sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella: «Tecnicamente i presidenti delle Regioni potrebbero rallentare o anche impedire che il farmaco arrivi negli ospedali fermando la sua introduzione nel prontuario regionale». Basterebbe, almeno «in teoria», non inserirla nella lista dei farmaci rimborsati a livello regionale «sulla base di considerazioni di prezzo e rimborsabilità», spiega la Roccella. Che non nasconde però il rischio di un conflitto con l'Aifa che «ha stabilito il prezzo e autorizzato la messa in commercio secondo il prontuario nazionale». E proprio dall'Agenzia del farmaco è arrivato, ieri, un nuovo chiarimento: «Le Regioni hanno un largo margine di autonomia per stabilire tempi e modalità – spiega il direttore Guido Rasi –, ma non c'è dubbio che se il farmaco è approvato prima o poi si dovrà erogare».
Intanto i medici chiedono chiarezza. Come i ginecologi degli ospedali lombardi che ieri hanno invocato delle linee guida nazionali per fare chiarezza. Un appello subito raccolto dalla Roccella che ha annunciato l'insediamento di una commissione ad hoc nei prossimi giorni per fornire indicazioni «omogenee» per tutto il Paese.

 

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